La Corte costituzionale, con la sentenza del 15 giugno 2016 n. 174, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che limitava l’ammontare della pensione di reversibilità quando il coniuge scomparso aveva contratto matrimonio a un’età superiore ai settant’anni e il coniuge superstite era più giovane di almeno vent’anni.

Ogni limitazione del diritto alla pensione di reversibilità deve rispettare i princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza e il principio di solidarietà, che è alla base del trattamento previdenziale in esame, e non deve interferire con le scelte di vita dei singoli, espressione di libertà fondamentali.

Le limitazioni introdotte dalla norma dichiarata incostituzionale, si collegano alla presunzione assoluta che i matrimoni contratti da chi abbia più di settant’anni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dall’intento di frodare le ragioni dell’erario, in assenza di figli minori, studenti o inabili.

La Corte ha ritenuto che la norma dichiarata incostituzionale abbia irragionevolmente sacrificato i diritti previdenziali del coniuge superstite.