Se l'impiegato viene emarginato dai colleghi la responsabilità è del datore di lavoro
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 21/10/2013 n.23772, ha deciso che il datore di lavoro ha l’obbligo di difendere il dipendente che subisce angherie ad opera degli altri colleghi, e se non lo tutela è tenuto a risarcire i danni subiti dal lavoratore.
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità un lavoratore aveva riportato un danno biologico e morale per essersi ribellato all’accordo preso dagli altri colleghi che avevano escogitato un sistema piuttosto efficace per sbrigare le notifiche ai debitori e incassare le relative indennità. In sostanza adottavano false notifiche di irreperibilità del debitore e incassavano l’indennità riconosciuta contrattualmente per la visita a domicilio.
Secondo la Suprema Corte la responsabilità per il danno riportato dal lavoratore ingiustamente divenuto bersaglio di ostilità dei colleghi deve essere ricercata in particolar modo nel datore di lavoro che non aveva fatto nulla per evitare che all’interno dei luoghi di lavoro si realizzassero comportamenti censurabili.
L’aver lasciato il dipendente onesto in balia dei colleghi ostili è la dimostrazione di come la società abbia voluto omettere di adottare ogni precauzione volta ad evitare o ridurre lo stato di disagio, le manifestazioni di ostilità e l’isolamento del lavoratore determinato dal fatto che aveva manifestato il suo dissenso alla prassi aziendale del tutto illegittima.
In sostanza l’azienda al fine di evitare di rispondere del danno subito dal lavoratore avrebbe dovuto dimostrare da un lato di aver fatto tutto il possibile per impedire diffusi e ripetuti comportamenti illegittimi da parte dei suoi dipendenti e dall’altro lato di aver adeguatamente tutelato chi a tali condotte intendeva opporsi, dato che la responsabilità del datore di lavoro si estende anche alla salvaguardia della salute psichica del dipendente e non è limitata alla sfera della integrità fisica.
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