Assonime, con la circolare 10/10/2018 n.22, ritiene che la disciplina agevolativa prevista dall’art. 51, c.2, lett. a) del TUIR, trova applicazione tutte le volte in cui sussista, per il lavoratore, la possibilità di ricevere dalla cassa sanitaria prestazioni di valore decisamente superiore rispetto al contributo versato.

L’intervento di Assonime segue quello dell’Agenzia delle entrate con la circolare 5E/2018 secondo cui per poter applicare la predetta disciplina agevolativa è necessario verificare che non sussista per ciascun iscritto/dipendente un nesso di interdipendenza fra il contributo versato e il valore della prestazione resa al dipendente.

Secondo Assonime questa precisazione suscita alcune perplessità in ordine all’individuazione della portata del criterio di mutualità.

Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, ai fini dell’applicazione dell’articolo 51, comma 2, lettera a), del TUIR, il rispetto del criterio di mutualità sembrerebbe doversi “verificare” in capo ad ogni singolo lavoratore piuttosto che sull’operatività complessiva della cassa.

Tale modalità di verifica del requisito di mutualità, tuttavia, sembra porsi in contrasto con quanto enunciato nel decreto ministeriale 27 ottobre 2009 (c.d. decreto Sacconi) relativo alla Modifica al decreto 31 marzo 2008, riguardante «Fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale»”.

Assonime quindi ritiene che l’applicazione della disciplina fiscale agevolativa prevista dall’articolo 51, comma 2, lettera a), del TUIR sia condizionata alla verifica, nei riguardi della cassa sanitaria, dell’erogazione di determinate soglie di prestazioni “vincolate” piuttosto che, come desumibile dai chiarimenti dell’Agenzia nella circolare predetta, all’analisi del rapporto contributi versati-prestazioni ricevute nei confronti di ogni singolo lavoratore.

Pertanto, ad esempio, si dovrebbe ritenere agevolabile il contributo alla cassa che assicuri non solo il rimborso delle spese sanitarie ma copra anche il rischio di non autosufficienza o per gravi malattie.

La prestazione eventualmente fruita dal lavoratore divenuto non autosufficiente o gravemente malato infatti risulta di regola di valore superiore rispetto al contributo versato e, quindi, si dovrebbero ritenere verificate le condizioni poste dall’Agenzia delle entrate per beneficiare dell’esclusione dall’imponibile dei premi versati a casse sanitarie.