Il Ministero del lavoro, con la nota 13/02/2009 n.8, rispondendo ad un'istanza di interpello, ha precisato che è possibile stipulare un contratti di collaborazione coordinata e continuativa con un soggetto a cui viene assegnato un incarico che determina l'esercizio di poteri direttivi e di spesa, purchè questi poteri risultino funzionali all'esecuzione dell'incarico e compatibili con la scelta di ricorrere alla modalità autonoma di esecuzione della prestazione.
Il Ministero del lavoro è giunto a questa conclusione richiamando i principali interventi giurisprudenziali sulla distinzione tra lavoro autonomo e subordinato (Cass. 12364/2003, Cass. 5960/1999, 15657/2001) secondo i quali l'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare dell'altra parte del rapporto, se si estrinseca non in semplici direttive, ma in specifici ordini e in un'assidua opera di vigilanza e di controllo sull'esecuzione della prestazione, sono indici che il rapporto di lavoro instaurato è di natura subordinata e non autonoma.
Però non va dimenticato che i giudici di legittimità hanno più volte ricordato (Cass. 9292/2001, 5665/2001 e 5845/1998) che in alcuni casi, come per lo svolgimento delle mansioni dirigenziali, questi elementi distintivi non sono particolarmente chiari, per cui è necessario verificare la qualificazione che le parti hanno attribuito al rapporto, anche se questa può essere disattesa se viene dimostrato che l'elemento della subordinazione si è di fatto realizzato.
Quindi al fine di comprendere se un'attività possa rientrare nell'ambito del lavoro autonomo, anche in forma coordinata e continuativa, il giudice dovrà  tenere in considerazione sia la qualificazione che le parti hanno attributo al contratto stipulato tra loro sia alle concrete modalità di esercizio della prestazione resa dal lavoratore.