L'art. 7 della legge 223/91 prevede che i lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un'attività autonoma o per associarsi in cooperativa possono ottenere la corresponsione anticipata dell'indennità di mensilità, prevista per un periodo di 12 mesi elevato a 24 mesi per coloro che hanno compiuto i 40 anni e a 36 per coloro che hanno compiuto i 50 anni. Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione, che con la sentenza 20/06/2002 n.9007, ha precisato che la legge deve essere interpretata nel senso che essa preveda il beneficio dell'anticipazione anche nel caso di attività imprenditoriali. Per l'erogazione dell'indennità di mobilità in via anticipata, l'art. 7 della legge 223/91, facendo riferimento "all'attività autonoma", richiama una nozione tecnica, che nell'uso comune ha una portata estremamente ampia, e che chiaramente si distingue dalla diversa espressione "lavoro autonomo", che viceversa è in uso nel linguaggio giuridico e connota una categoria giuridica vera e propria; non si può, quindi, dubitare che "attività autonoma" sia anche quella di tipo imprenditoriale, come peraltro è suggerito anche dall'uso dell'espressione "intraprendere". La Suprema Corte ha infatti precisato che l'erogazione in una unica soluzione ed in via anticipata di più ratei dell'indennità non è più funzionale al sostegno dello stato di bisogno che nasce dalla disoccupazione e quindi perde la connotazione di tipica prestazione di sicurezza sociale, per assumere la natura di contributo finanziario, destinato a sopperire alle spese iniziali di un'attività che il lavoratore in mobilità svolge in proprio e tale resta la sua funzione sia che venga svolta un'attività di artigiano, ovvero di commerciante o ancora attività imprenditoriale. La natura di finanziamento vincolato allo scopo dettato dalla legge, ossia all'apertura di un'attività autonoma è comprovata dalla previsione che l'erogazione anticipata dell'indennità potrà essere negata ovvero revocata in caso di inadempimento, ossia nel caso in cui l'attività non venga poi effettivamente iniziata; la disposizione appare, dunque, preordinata allo scopo, già in altri casi perseguito dal legislatore, di indirizzare i disoccupati nel settore delle attività autonome e delle cooperative, in luogo del reimpiego con rapporto di natura subordinata, che potrebbe essere di difficile reperimento. La Corte ha concluso affermando che se questa è la ratio della norma non è possibile escludere nessuna delle attività connotate dal requisito dell'autonomia, e quindi non è possibile escludere dal beneficio coloro che intendano avviare un'attività imprenditoriale, né imporre per quest'ultima requisiti o condizioni che la legge non prevede, come l'obbligo del lavoro "prevalentemente proprio", ovvero che l'azienda sia di dimensioni non superiori ad un certo limite.