L’INAIL, con un comunicato stampa del 15 maggio 2020, ha ribadito la natura tecnica delle analisi condotte, con l’ISS, nell’ambito del Comitato tecnico scientifico e ha chiarito i diversi presupposti della tutela infortunistica e della responsabilità penale e civile del datore di lavoro per i contagi da Covid-19 dei lavoratori.

Innanzi tutto, è stato precisato che la denuncia di infortunio da infezione di nuovo coronavirus non determina alcun automatismo nel riconoscimento da parte dell’Istituto. Con riferimento alla disposizione del D.L. Cura Italia che qualifica come infortunio sul lavoro “i casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro”, il Presidente INAIL ha tenuto a precisare che “l’Istituto, ai fini della tutela infortunistica, deve comunque valutare le circostanze e le modalità dell’attività lavorativa, da cui sia possibile trarre elementi gravi per giungere ad una diagnosi di alta probabilità, se non di certezza, dell’origine lavorativa della infezione”.

Inoltre, è stato ribadito il concetto per cui “il riconoscimento come infortunio sul lavoro dell’evento del contagio per motivi professionali non costituisce presupposto per l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro”, sottolineando che “non si possono confondere i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con quelli per la responsabilità penale e civile, che devono essere rigorosamente accertate con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative”.

Le responsabilità del datore di lavoro devono essere rigorosamente accertate, attraverso la prova del dolo o della colpa, con criteri totalmente diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative INAIL.

Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso.

Al riguardo, si deve ritenere che la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità in relazione all’andamento epidemiologico, rendano peraltro estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale dei datori di lavoro.

Infine, si rileva che “i documenti tecnici dell’INAIL e dell’ISS contengono raccomandazioni non vincolanti”. Gli stessi non devono essere visti dalle imprese come norme precettive, ma come “mere raccomandazioni sulle misure da adottare per il contenimento del virus”. Quindi, non regole vincolanti, non linee guida impartite alle imprese, che né INAIL né l’ISS sono titolati ad emanare. Saranno le autorità politiche e le parti sociali a operare la sintesi tra i vari interessi in gioco per fare in modo che le attività produttive ripartano nel rispetto della salute dei lavoratori e della popolazione tutta.