Luciana M., invalida civile, è stata avviata al lavoro presso la s.r.l. La Lucente, nel 1994, per l'assunzione obbligatoria in base alla legge n. 482 del 1968. L'impresa ha offerto alla lavoratrice un'assunzione a tempo parziale, sostenendo che l'attività aziendale - pulizie negli uffici - non consentiva un'assunzione a tempo pieno.
La lavoratrice si è rivolta al Pretore di Roma, chiedendo la condanna dell'azienda al risarcimento del danno per non averla assunta a tempo pieno. Il Pretore ha accolto la domanda e la sua decisione è stata confermata, in grado di appello, dal Tribunale di Roma. L'azienda ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che l'obbligo di assunzione degli invalidi civili può essere soddisfatto anche mediante un contratto di lavoro a tempo parziale. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 14823 del 22 novembre) ha rigettato il ricorso.
Anche durante la vigenza della legge 2 aprile 1968 n. 482 (ora abrogata dalla legge 12 marzo 1999 n. 68) - ha affermato la Corte - il lavoratore avviato per l'assunzione obbligatoria doveva essere assunto con contratto a tempo pieno di durata indeterminata, mentre il contratto part-time (come anche quello a termine o di formazione e lavoro) può essere concluso solo con il consenso del lavoratore. Da qui ne consegue che la legge non consente al datore di lavoro di modellare unilateralmente il contratto unicamente sulla base delle sue specifiche esigenze, trascurando i fini sociali e solidaristici perseguiti dal legislatore. Tale decisione ha confermato anche l'obbligo del risarcimento del danno, per l'azienda, dovuto alla mancata assunzione a tempo pieno (Cassazione Sezione Lavoro n. 14823 del 22 novembre 2001).