Deducibilità totale solo se il regolamento aziendale non è revocabile
A cura della redazione
Assonime, con la circolare 27/06/2018 n.15, ha ribadito che il regolamento aziendale con il quale viene adottato un piano welfare riconosce al datore di lavoro la deducibilità totale dei costi sostenuti soltanto se presenta i caratteri dell’obbligazione negoziale e quindi non revocabile o non modificabile unilateralmente.
La precisazione ha ad oggetto il testo della lettera f) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR (come modificato dalla Legge di Stabilità 2016) secondo cui le opere e i servizi erogati dal datore di lavoro per le finalità di cui all’art. 100 del TUIR sono esclusi dal reddito del lavoratore sia se erogati su decisione unilaterale e liberale del datore, sia se erogati sulla base di un obbligo assunto dal datore di lavoro per contratto, accordo o regolamento aziendale.
L’individuazione della natura del regolamento aziendale è importante perché l’erogazione dei benefit di utilità sociale ai lavoratori è infatti integralmente deducibile, ai sensi dell’art. 95 del TUIR, solo se “obbligatoria”, mentre è consentita nel limite del 5 per mille ai sensi dell’art. 100 del TUIR se “volontaria”.
Secondo Assonime, un “regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale” non può essere assimilato a un’erogazione volontaria, per cui i relativi costi per welfare aziendale sono sempre integralmente deducibili per l’impresa ex art. 95 del TUIR.
Viene altresì evidenziato che il regolamento inidoneo a garantire l’integrale deducibilità dei costi per un piano welfare è quello a carattere “elusivo”, predisposto al solo fine di ottenere l’applicazione di un più favorevole regime fiscale (cioè l’integrale deduzione del costo in luogo della sua deducibilità nel limite del 5 per mille). In questa prospettiva, sono viceversa idonei a garantire l’integrale deducibilità dei costi per piani di welfare di utilità sociale non solo i “piani welfare” erogati sulla base di un regolamento aziendale “attuativo” di un accordo collettivo, ma anche i “piani welfare” erogati sulla base di un regolamento aziendale unilateralmente predisposto dal datore di lavoro che però lo vincoli effettivamente a riconoscere un diritto al lavoratore.
Tale impostazione troverebbe conferma anche in una risposta resa dall’Agenzia delle Entrate (interpello n. 913-807/2017), nella quale si afferma che la previsione della “possibilità di apportare variazioni, integrazioni o modifiche in corso di validità del piano, qualora si rendesse necessario dall’evolversi della normativa” valga a escludere la natura obbligatoria dell’erogazione.
In conclusione, secondo Assonime, un regolamento aziendale che non sia “revocabile” o modificabile dal datore di lavoro ad nutum o in relazione all’evoluzione normativa, non può essere assimilato a un atto volontario del datore di lavoro; coerentemente, dal piano di welfare previsto nel suddetto regolamento dovrebbero emergere, in capo al datore di lavoro, costi integralmente deducibili dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95 del TUIR. Viceversa, per i piani di welfare liberamente modificabili dal datore di lavoro, dovrebbe trovare applicazione la deducibilità limitata prevista dall’art. 100 comma 1 del TUIR.