Dimissioni per fatti concludenti: quando la NASpI non spetta
A cura della redazione
L’INPS, con la circolare n. 154 del 22 dicembre 2025, ha fornito i chiarimenti applicativi sull’art. 19 della L. 203/2024 (Collegato Lavoro), che ha introdotto la nuova fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti e ne ha definito gli effetti sul diritto all’indennità di disoccupazione NASpI.
La norma prevede che il rapporto di lavoro possa considerarsi risolto per volontà del lavoratore in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine stabilito dal contratto collettivo applicato, oppure, in mancanza di una previsione contrattuale, per oltre 15 giorni.
In tali casi, il datore di lavoro può attivare una specifica procedura comunicando la situazione all’Ispettorato nazionale del lavoro (INL). La risoluzione non è automatica, ma dipende dalla scelta del datore di lavoro di valorizzare l’assenza come manifestazione di volontà dismissiva del lavoratore.
Secondo l’INPS, la cessazione del rapporto per dimissioni per fatti concludenti non integra il requisito della involontarietà della disoccupazione. Di conseguenza, la NASpI non spetta quando la cessazione è comunicata con il nuovo codice UniLav “FC – dimissioni per fatti concludenti” (attivo dal 29 gennaio 2025).
Diversamente, se il datore di lavoro sceglie di procedere con un licenziamento disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo), anche se fondato su un’assenza ingiustificata prolungata, il lavoratore può accedere alla NASpI, se in possesso degli altri requisiti di legge.
La circolare ribadisce che la nuova procedura non è obbligatoria. Molti contratti collettivi, infatti, continuano a ricondurre l’assenza ingiustificata a conseguenze disciplinari, imponendo l’attivazione delle garanzie previste dallo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970). In tali ipotesi, non si applica la disciplina delle dimissioni per fatti concludenti.
Un chiarimento particolarmente rilevante riguarda il rapporto tra procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro e dimissioni rassegnate dal lavoratore, anche per giusta causa.
Se il lavoratore presenta dimissioni (anche per giusta causa) tramite il sistema telematico:
- queste prevalgono sulla procedura avviata dal datore di lavoro;
- in caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore mantiene il diritto alla NASpI, purché assolva all’onere probatorio e siano presenti gli altri requisiti previsti.
In sintesi:
- Le dimissioni per fatti concludenti configurano una cessazione volontaria del rapporto;
- In presenza di tale causale, la NASpI è esclusa;
- Il datore di lavoro può scegliere, in alternativa, la via del licenziamento disciplinare;
- Le dimissioni per giusta causa, anche se successive, bloccano la procedura per fatti concludenti e consentono l’accesso alla NASpI.
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