Il cittadino extracomunitario interessato ad ottenere il rilascio per permesso di soggiorno pluriennale per lavoro stagionale, non deve più dimostrare di essere venuto in Italia per almeno due anni consecutivi, essendo sufficiente che abbia soggiornato (per motivi di lavoro stagionale) almeno una volta nei 5 anni precedenti.

E’ una delle novità contenute nel decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/36/UE sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di impiego in qualità di lavoratori stagionali, approvato dal Consiglio dei ministri, nella seduta n. 137 del 27 ottobre 2016, che modifica il T.U. immigrazione ed il relativo regolamento di attuazione (DPR 394/1999).

Uno degli obiettivi della direttiva è consentire ai datori di lavoro di soddisfare il fabbisogno di manodopera stagionale e garantire nel contempo che i lavoratori stagionali cittadini di Paesi terzi non vengano impropriamente utilizzati.

Il provvedimento, che sostituisce integralmente l’art. 2 del D.lgs. 286/1998 sul lavoro stagionale, precisa che i settori in cui può essere prestata dal cittadino extracomunitario il lavoro stagionale, sono solo quello agricolo e quello turistico/alberghiero.

Viene meno l’obbligo per i Centri per l’impiego di verificare se sussistono eventuale disponibilità di lavoratori italiani o comunitari interessati a ricoprire il lavoro stagionale offerto.

La nuova disposizione del T.U. immigrazione prevede anche che ai lavoratori stagionali si applichi integralmente la disciplina generale in materia di lavoro subordinato di cui all’art. 22, ad eccezione della norma che esclude la revoca del permesso di soggiorno a causa della perdita del posto di lavoro e quella sulla trasformazione del permesso per motivi di studio in motivi di lavoro.

Lo sportello unico per l’immigrazione, in luogo dell’autorizzazione previsto dalla previgente disciplina, rilascerà il nulla osta al lavoro stagionale, conformandosi così al Regolamento di attuazione.

Per quanto riguarda la sistemazione alloggiativa il nuovo art.24 prevede che il datore di lavoro, per i lavoratori stagionali, de esibire al momento della sottoscrizione del contratto di soggiorno, un titolo idoneo a provare l’effettiva disponibilità dell’alloggio, il cui canone di locazione non può essere eccessivamente oneroso e non deve essere superiore a 1/3 della retribuzione.

In merito al nulla osta cumulativo viene meno la condizione per cui l’autorizzazione al lavoro stagionale da parte di più datori di lavoro è rilasciata al lavoratore che, a partire dal secondo rapporto di lavoro, si trova legittimamente presente in Italia in ragione dell’avvenuta instaurazione del primo rapporto di lavoro stagionale.

Inoltre la durata minima del nulla osta per lavoro stazionale, attualmente pari a 20 giorni, viene elevata a 5 mesi, mentre viene mantenuta a 9 mesi quella massima.

Il comma 9 riguarda il diritto di precedenza. Mentre la previgente norma prevede che il diritto di precedenza si attiva a condizione che il lavoratore ha svolto lavoro stagionale l’anno precedente, il nuovo testo l’ammetta anche in caso di ingresso per lavoro stagionale in uno dei 5 anni precedenti.

La conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in quello non stagionale potrà essere richiesta dopo un periodo di lavoro di almeno 3 mesi, in luogo dell’aver svolto nell’anno precedente attività di lavoro stagionale.

Si prevedono ulteriori cause di rifiuto e revoca del nulla osta per lavoro stagionale imputabili al datore di lavoro, quali: irrogazione di sanzioni a causa del lavoro irregolare, stato di liquidazione dell’impresa per insolvenza o per assenza di svolgimento di attività economica, mancato rispetto degli obblighi in materia di previdenza sociale, tassazione, diritti dei lavoratori e condizioni e licenziamenti effettuati al fine di creare posti da coprire mediante richiesta di assunzione.

Infine si segnala che l’art. 24 del T.U. immigrazione non trova applicazione nei confronti: degli stranieri che al momento della domanda risiedono in uno Stato membro, i lavoratori impiegati da imprese stabilite in uno Stato membro nell’ambito della prestazione di servizi, compresi i cittadini di Paesi terzi distaccati da un’impresa stabilita in uno Stato membro nell’ambito della prestazione dei servizi, i familiari di cittadini comunitari che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione nella UE e i cittadini che godono del diritto di libera circolazione in virtù di accordi stipulati dall’Unione Europea.