Il Ministero del lavoro e le parti sociali, il 7 dicembre 2021, hanno sottoscritto il protocollo sullo smart working che integra la disciplina contenuta nella L. 81/2017 prevedendo che il rifiuto del lavoratore ad aderire o svolgere la propria prestazione in modalità agile non legittima il datore di lavoro ad intimare il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né ad adottare altri provvedimenti disciplinari.

Hanno aderito Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal, Usb, Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Casartigiani, Alleanza cooperative, Confagricoltura, Coldiretti, Cia, Copagri, Abi, Ania, Confprofessioni, Confservizi, Federdistribuzione, Confimi e Confetra.

Invia generale lo smart working si caratterizza per l’assenza di un orario di lavoro, ma la prestazione può essere articolata in fasce orarie individuando anche quelle di disconnessione durante le quali il lavoratore non presta attività lavorativa.

L'adesione allo smart working avviene su base volontaria ed è subordinata alla sottoscrizione di un accordo individuale, fermo restando il diritto di recesso. Inoltre, l'eventuale rifiuto del lavoratore di aderire o svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile non integra gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, né rileva sul piano disciplinare.

Il protocollo prevede che non possono di norma essere previste né autorizzate prestazioni di lavoro straordinario. Invece il lavoratore può richiedere la fruizione dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge (a titolo esemplificativo, i permessi per particolari motivi personali o familiari, di cui all'art. 33 della L. n. 104/1992).

In caso di malattia, permessi retribuiti, ferie, infortunio, ecc.., il lavoratore può disattivare i propri dispositivi di connessione e in caso di comunicazioni ricevute dal datore di lavoro non è obbligato a prenderle in carico prima della ripresa dell’attività lavorativa.

Il lavoratore è libero di individuare il luogo in cui svolgere l’attività in modalità agile, purchè questo consente la regolare esecuzione della prestazione, sia sul piano della sicurezza sia su quello della riservatezza. In ogni caso la contrattazione collettiva può individuare i luoghi in cui la prestazione non può essere resa.

In via generale gli strumenti e tutto ciò che serve per svolgere la prestazione in smart working sono forniti dal datore di lavoro, a cui spetta anche la manutenzione e l’eventuale sostituzione. Nulla toglie però che le parti si accordino diversamente. In questo caso l’accordo individuale può anche prevedere forme di indennizzo per le spese sopportate dal lavoratore.

Se per qualsiasi motivo la prestazione non può essere svolta in modalità agile le parti devono concordare le modalità di completamento della prestazione, compreso il rientro presso i locali aziendali.

Poiché al lavoratore agile va garantito lo stesso trattamento economico e normativo complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono la prestazione esclusivamente in azienda, il protocollo prevede che devono quindi essere riconosciuti i premi di risultato previsti dalla contrattazione di secondo livello, le opportunità ai percorsi di carriera, le iniziative formative e ogni altra opportunità di specializzazione e progressione della professionalità, comprese le forme di welfare aziendale e benefit previste dalla contrattazione collettiva e dalla bilateralità.

Il Protocollo prevede che abbiano accesso facile al lavoro agile i lavoratori in condizioni di fragilità o disabilità.

Un aspetto importante è quello della formazione.  Si prevede che debba essere favorita la formazione continua dei lavoratori in smart working, dato che la loro prestazione è caratterizzata dalla rapida evoluzione dei sistemi e degli strumenti tecnologici. Inoltre la formazione è un momento di interazione e di scambio in presenza che serve a prevenire situazioni di isolamento.