Nel caso in cui un lavoratore sia stato assicurato presso l'INPS in un primo momento e presso l'INPGI in un secondo momento la competenza ad erogare il TFR spetta all'ente presso cui risulta assicurato il lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 16/09/2005 n.18294). Infatti spiega la Suprema Corte l'obbligo di pagamento del TFR posto a carico del fondo di garanzia in caso di insolvenza del datore di lavoro, è effetto di un accollo cumulativo ex lege; l'assunzione dell'obbligazione anche da parte dell'istituto assicurativo, è subordinata alla verificazione dell'evento protetto, cioè l'insolvenza del datore di lavoro accertata nei modi previsti dalla legge. Ne consegue che, rispetto alla previsione da parte dell'art. 2 della legge n. 297/1982 della costituzione di fondi di garanzia non solo presso l'INPS, ma anche presso l'INPGI, istituto assicuratore dei giornalisti, e presso l'Inpdai, istituto assicuratore dei dirigenti di aziende industriali (quest'ultimo, peraltro, ormai soppresso e assorbito dall'INPS), deve ritenersi che assuma rilievo, con riferimento all'intero TFR, la responsabilità del fondo competente in relazione alla natura giuridica del rapporto di lavoro in essere al momento della sua cessazione. Né fondatamente può valorizzarsi l'esistenza di contribuzioni a favore di un fondo diverso in una fase precedente dei rapporti di lavoro, di cui non è in discussione la unitarietà; non sussiste, infatti, alcun nesso diretto tra la contribuzione versata anno per anno in relazione alle retribuzioni corrisposte ai singoli lavoratori e la protezione assicurativa garantita ai medesimi per il pagamento del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro. Al riguardo ha concluso la Cassazione deve in particolare ricordarsi non solo il principio c.d. dell'automaticità delle prestazioni di cui all'art. 2116, primo comma, cod. civ., ma anche, più in radice, che non esiste alcuna correlazione tra misura della contribuzione e misura delle prestazioni, in quanto i contributi devono essere versati in una certa percentuale della complessiva retribuzione assoggettabile a contribuzione ex art. 12 L. n. 153/1969, e cioè anche sulle voci non computabili ai fini del t.f.r. a norma dell'art. 2120 cod. civ..