Il diritto alle ferie sotto la lente dei CDL
A cura della redazione
La Fondazione studi dei consulenti del lavoro, con l’approfondimento del 26 novembre 2025, ha analizzato le fonti che regolano il diritto alle ferie e ha messo a fuoco gli effetti sul trattamento retributivo durante i periodi di riposo.
In primo luogo, viene ricordato che il diritto alle ferie è sancito dall’art.36, c. 3 della Costituzione che ne afferma la necessità, la retribuzione e soprattutto l’irrinunciabilità, in quanto strumento essenziale per il recupero delle energie psico-fisiche del lavoratore e quindi per la tutela della salute e sicurezza.
La disposizione costituzionale ha poi trovato attuazione nell’art. 2109 c.c. che prevede che il lavoratore abbia diritto a un periodo annuale di ferie retribuite, possibilmente continuativo, la cui collocazione deve tenere conto sia delle esigenze dell’impresa sia di quelle del lavoratore; la durata è demandata alla legge e alla contrattazione collettiva.
La disciplina delle ferie, inoltre, non può prescindere dalla Direttiva 2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro recepita dall’Italia con il Dlgs n. 66/2003.
Quest’ultimo Decreto legislativo, in particolare, riconosce al lavoratore almeno quattro settimane di ferie annuali. Su richiesta del lavoratore, almeno due settimane devono essere fruite in modo continuativo nell’anno di maturazione. Le restanti due settimane devono essere fruite entro 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione.
Le quattro settimane obbligatorie sono indisponibili: non possono essere monetizzate, salvo in caso di cessazione del rapporto.
Resta fermo che la contrattazione collettiva può prevedere condizioni migliorative, ampliando così il numero delle settimane di ferie.
Per quanto riguarda l’aspetto retributivo, in via generale, durante le ferie il lavoratore ha diritto a percepire la stessa retribuzione che avrebbe ottenuto se avesse lavorato.
Numerose sentenze della Corte di cassazione (tra le tante n. 6302/2023 e n. 20226/2023) sono intervenute per definire quali voci retributive debbano essere incluse o escluse dalla retribuzione da corrispondere durante le ferie. Sono da escludere quelle occasionali e accessorie.
Inoltre, la Corte di Giustizia UE, con la sentenza CGUE 13.11.2022, C-514/20, ha disposto che la retribuzione per ferie debba essere almeno pari alla media di quella percepita nei periodi di effettivo lavoro.
Il principio cardine che sta alla base del trattamento economico delle ferie è che la retribuzione percepita non debba essere penalizzante costringendo il dipendente a rinunciare o ridurre la fruizione per non subire una perdita retributiva.
La Fondazione studi, infine, affronta il diritto al buono pasto durante la fruizione delle ferie.
A tal proposito, viene richiamata la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 21559/2024, 5547/2021 e 15629/2021) secondo cui i buoni pasto non hanno natura retributiva, ma costituiscono un beneficio assistenziale, connesso solo occasionalmente al rapporto di lavoro e finalizzato a facilitare il lavoratore nel consumo del pasto durante l’orario di servizio.
Anche il trattamento fiscale e contributivo previsto dal TUIR conferma questa natura non retributiva, poiché prevede esenzioni entro determinati limiti.
Pertanto, per stabilire se i buoni pasto spettino o meno durante le ferie è fondamentale valutare la volontà contrattuale e verificare che l’erogazione sia rivolta alla generalità dei lavoratori o a categorie omogenee, come previsto dall’art. 51, c. 2, lett. c) del TUIR, dalla circolare Min. finanze n. 326/1997 e dall’Agenzia delle entrate (Ris. N. 118/E del 2006 e interpello n. 123/2021).
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