Il Ministero del lavoro, con la risposta all’interpello n. 3/2019, ha precisato che non trova applicazione il criterio regolamentato dalla Legge 241/1990 secondo cui il silenzio dell’amministrazione competente equivale ad accoglimento della domanda nel caso in cui il datore di lavoro abbia chiesto all’INL territorialmente competente l’autorizzazione all’installazione di un impianto di videosorveglianza come richiesto dall’art. 4 della Legge n. 300/1970.

Infatti, secondo il Ministero, la formulazione dell’art.4, primo comma, della Legge n. 300/1970 non consente la possibilità di installare e utilizzare impianti di controllo in assenza di un atto espresso di autorizzazione, sia esso di carattere negoziale (l’accordo sindacale) o amministrativo (il provvedimento).

Tale interpretazione appare condivisa anche dalla giurisprudenza, la quale ha da ultimo affermato che “la diseguaglianza di fatto e quindi l’indiscutibile e maggiore forza economico-sociale dell’imprenditore, rispetto a quella del lavoratore, dà conto della ragione per la quale la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile, potendo alternativamente essere sostituita dall’autorizzazione della direzione territoriale del lavoro“ (cfr. Cass. pen. n. 22148/2017), in continuità con un orientamento interpretativo consolidato in materia (cfr. Cass. pen. n. 51897/2016; Cass. civ. n. 1490/1986).

Alla luce di quanto evidenziato, con riferimento ai procedimenti attivabili mediante la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 4, comma 1, della legge n. 300 del 1970 e successive modificazioni non è, quindi, configurabile l’istituto del silenzio-assenso, occorrendo l’emanazione di un provvedimento espresso di accoglimento ovvero di rigetto della relativa istanza.