E' stato pubblicato sulla G.U. n. 244 del 16/10/2004 il decreto legislativo 2/08/2004 n.256 che apporta alcune modifiche ai decreti legislativi 215 e 216 del 9/07/2003 in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, nonchè in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. Più precisamente il Dlgs 215/2003 disciplina l'attuazione della parita' di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, disponendo le misure necessarie affinche' le differenze di razza o di origine etnica non siano causa di discriminazione, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini, nonche' dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso. Il Dlgs 256/2004 ha disposto che il giudice sia legittimato per una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale a ordinare non solo la pubblicazione della sentenza che va a chiudere un contenzioso eventualmente sorto sui diritti di non disciminazione violati, ma è letittimato a chiedere la pubblicazione si un qualsiasi altro provvedimento dallo stesso adottato. Il DLgs 216/2003 invece è diretto a disciplinare l'attuazione della parita' di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall'eta' e dall'orientamento sessuale, per quanto concerne l'occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinche' tali fattori non siano causa di discriminazione, in un'ottica che tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini. Il DLgs 256/2004 ha previsto lo stesso tipo di modifica di cui sopra (legittimità del giudice di ordinare la pubblicazione su un quotidiano di provvedimenti in generale e non solo di sentenze) e ha anche previsto che sono legittimate ad agire in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione, contro la persona fisica o giuridica cui e' riferibile il comportamento o l'atto discriminatorio, le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali (e non nazionali come invece sancito nel testo originario) maggiormente rappresentative a livello nazionale.