Intermittente: violare il CCNL comporta la conversione in lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato
A cura della redazione

Il Ministero del lavoro, con la nota prot. n. 18194 del 4/10/2016, ha precisato che ricorrere al lavoro intermittente in violazione delle norme del CCNL che escludono il ricorso a tale tipologia contrattuale, in mancanza dei requisiti soggettivi, comporta la conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato.
La nota ministeriale infatti ricorda che l’art. 13 del D.lgs. 81/2015 demanda al contratto collettivo l’individuazione delle esigenze organizzative e produttive in presenza delle quali è possibile ricorrere a prestazioni di lavoro intermittente.
Ne consegue che il contratto collettivo può anche stabilire il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale in assenza delle predette esigenze.
In questi casi il ricorso al lavoro intermittente è comunque ammesso in presenza dei requisiti soggettivi individuati dal citato art. 13, ossia con soggetti con meno di 24 anni di età, purchè le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con soggetti con più di 55 anni di età.
In mancanza di previsioni contrattuali, rimane inoltre ferma la possibilità di ricorrere al lavoro a chiamata ai sensi dell’art. 55, c. 3 del D.lgs. 81/2015, che richiama il DM 23/10/2004, che a sua volta rinvia alla tabella allegata al RD 2657/1923 che individua le prestazioni intermittente.
Riproduzione riservata ©