La deducibilità delle spese per gli oneri di utilità sociale
A cura della redazione

L’art. 51, c. 2 lett. f) del TUIR, nella versione modificata dalla Legge di Stabilità 2016, prevede che non concorre alla determinazione del reddito di lavoro dipendente “l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 100”.
Dal testo emerge chiaramente che, nella stesura di un piano di welfare aziendale, al fine di poter fruire dell’agevolazione fiscale, diventa di fondamentale importanza far rientrare le spese che il datore di lavoro vuole sostenere per oneri e servizi da erogare ai lavoratori, in una delle fattispecie individuate dall’art.100 del TUIR: educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.
Si parla, più precisamente, in questi casi di oneri di utilità sociale, ossia di spese sostenute dall’azienda per rispondere ai bisogni aventi rilevanza sociale per i lavoratori e/o i loro familiari.
Lo stesso articolo 100 regolamenta anche il trattamento fiscale per la determinazione del reddito d’impresa: “le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute (…), sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
Per applicare detta deducibilità parziale è sufficiente che gli oneri di utilità sociale siano erogati “volontariamente” dal datore di lavoro alla generalità o ad una categoria di dipendenti.
Ma, come ricordato all’inizio, il citato art. 100 del TUIR viene anche richiamato dall’art.51, c.2, lett.f) che esclude dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente l’utilizzazione delle opere e dei servizi non solo riconosciuti “volontariamente” dal datore di lavoro, ma anche in conformità a disposizioni di “contratto, accordo o regolamento aziendale”, purché sempre offerti alla generalità o categorie di dipendenti, nonché ai loro familiari.
Utilizzando detti strumenti la deducibilità dal reddito d’impresa diventa integrale e non solo nel limite del 5 per mille.
Infatti, secondo l’art. 95 del TUIR “le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell'articolo 100, comma 1”.
Ne deriva che i costi sostenuti per le opere ed i servizi che il datore di lavoro non riconosce discrezionalmente e volontariamente al lavoratore, ma in forza di un obbligo derivante da un accordo, da un contratto o da un regolamento aziendale (purché quest’ultimo faccia sorgere per il datore di lavoro un obbligo negoziale e abbia i requisiti indicati nella circ. AE 28E/2016, specificati nell'interpello n. 954 – 1417/2016 della AE Direzione regionale della Lombardia e ribaditi dalla stessa Agenzia nel Forum Lavoro 2017), può fruire dell’integrale deducibilità.
In conclusione, l’art. 51, c.2, lett. f) del TUIR deve essere letto in combinato disposto non solo con l’art. 100, ma anche con l’art. 95. Ne deriva che gli oneri di utilità sociale sono deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi, se erogate dal datore di lavoro volontariamente; mentre nel caso in cui siano riconosciute in conformità a disposizioni di accordo, contratto o regolamento aziendale (quest'ultimo con i requisiti specificati dall'Agenzia delle entrate), le relative spese sono interamente deducibili.
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