Il Ministero del Lavoro, con la nota n. 3734 del 15 aprile 2019, ha fornito indicazioni in merito alla corretta definizione delle attività di culto.

In particolare, si rileva che, per “attività di culto”, può intendersi la “pratica religiosa esteriore riservata ai credenti di una determinata fede” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 181/2013) o, in senso non tassativo “la celebrazione di funzioni religiose riservate ai credenti di una determinata fede, la diffusione del relativo credo, la formazione degli aderenti e dei ministri religiosi” (Consiglio di Stato, Sez. I, n. 3417/2015). Non sembra possa ritenersi configurabile come “attività di culto”, ai fini della individuazione dell’oggetto sociale dell’ente, una celebrazione occasionale; mentre al contrario sembrerebbero rientrare tra le attività di culto, ad esempio, le celebrazioni ricorrenti e sistematiche, quotidiane o in giorni fissi e orari predefiniti di funzioni religiose e a carattere confessionale.

Sulla base della definizione o elencazione delle “attività di culto” elaborata dal Consiglio di Stato, la collocazione delle stesse tra le attività diverse, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 117/2017 (enti del Terzo Settore), non appare possibile.