L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato “The role of bargaining and discrimination in the gender wage gap in France: A cross-country perspective”, un documento che prende in esame l’impatto della contrattazione collettiva e delle discriminazioni nella determinazione del gender pay gap.

Entrando nel dettaglio, il documento dell’OCSE analizza un caso francese, che ha riflessi anche su altri paesi Europei.

Nel 2022 in Francia, la differenza retributiva tra uomo e donna era del 12%. Praticamente a parità di orario di lavoro e con contratto full-time, per ogni euro guadagnato dall'uomo la donna ne percepiva 88 centesimi.

Dall'analisi è emerso che in Francia l’88% del gender wage gap si concentra all’interno delle aziende (within-firm gap). Questo significa che, all’interno delle stesse imprese, i lavoratori ad alto salario, più spesso uomini, ricevono premi salariali superiori, contribuendo così al gap aziendale.

Invece, il 12% del divario è dovuto al fatto che uomini e donne sono diversamente distribuiti tra le aziende dei vari settori, che hanno tra loro notevoli differenze salariali (between-firm gap). In sostanza, all’interno delle aziende ad alto reddito sono assunte, in media, meno donne.

Osservando il ruolo della contrattazione collettiva e individuale, emerge che la contrattazione individuale è particolarmente rilevante per i lavoratori ad alto salario, contribuendo così ad ampliare il gap salariale di genere, mentre nei bassi salari prevale la contrattazione collettiva, che tende a limitare le differenze.

Analizzando i settori particolarmente redditizi e quelli a bassa produttività e basso salario, appare chiaro come in questi ultimi vi sia una minore sproporzione nella determinazione dei salari. Nel settore alberghiero e della ristorazione il divario di genere è molto basso rispetto a settori dove gli stipendi sono generalmente più elevati (media, tessile, gomma, plastica e minerali).

Infine, occorre sottolineare che il divario salariale riflette anche la diversa distribuzione dei premi aziendali, i quali tendono a favorire in misura maggiore gli uomini, impiegati in aziende ad alta produttività e operanti in determinati settori.

Alla luce di quanto emerso, nel rapporto sono contenute alcune raccomandazioni di policy, finalizzate a ridurre il gender pay gap.

Prima di tutto viene raccomandato di adottare politiche che favoriscano una più equa distribuzione dei carichi famigliari (che in generale gravano prevalentemente sulle donne), attraverso un rafforzamento dei congedi parentali, investimenti nei servizi per l’infanzia e la rimozione degli ostacoli finanziari che solitamente scoraggiano il lavoro del secondo percettore di reddito.

Tali interventi potrebbero svolgere un ruolo chiave nel promuovere una condivisione più equa delle responsabilità familiari e, così facendo, sostenere la posizione contrattuale delle donne, le quali sarebbero maggiormente competitive sul mercato del lavoro al pari degli uomini.

Inoltre, sono proposte nuove politiche di trasparenza retributiva volte ad integrare le leggi attualmente vigenti sulla parità di retribuzione e antidiscriminazione.

In conclusione, il ruolo della politica e della contrattazione collettiva è cruciale al fine di limitare le situazioni di gender pay gap. La politica può intervenire attraverso iniziative antidiscriminatorie e interventi che rendano possibile una maggiore conciliazione tra vita famigliare e lavorativa delle donne; mentre quanto alla seconda, attraverso politiche negoziali mirate, il sindacato può contribuire a bilanciare l’effetto distorsivo delle contrattazioni individuali.