Mancata concessione dei benefici per assunzione lavoratori in mobilità
A cura della redazione
L'art. 8, c.2, L. 223/91 riconosce al datore di lavoro la possibilità di versare i contributi nella misura ridotta prevista per gli apprendisti nel caso in cui assumano a termine per un massimo di 12 mesi i lavoratori in mobilità.
Il beneficio viene prorogato di un anno se scaduto il termine, il contratto viene trasformato a tempo indeterminato, a cui si aggiunge un contributo mensile pari al 50% dell'indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore per un periodo di 12 mesi.
Lo stesso arti. 8 al comma 4 bis aggiunto dalla legge 451/94 stabilisce però che il beneficio deve essere escluso per i lavoratori che sono stati collocati in mobilità nei 6 mesi precedenti da parte di un'impresa dello stesso o di diverso settore di attività, che al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume ovvero risulta con quest'ultima in rapporti di collegamento o di controllo.
Ne consegue che se il giudice di merito accerta che l'assunzione dei lavoratori sia avventua a meno di 6 mesi dal loro licenziamento, che le due società avevano gli assetti proprietari coincidenti, poiché costituite dalle stesse persone, avevano la sede legale nello stesso indirizzo e svolgevano attività tra loro collegate, per i predetti lavoratori non può essere riconosciuto il beneficio contributivo.
Conclude infine la Suprema Corte il comma 4 bis dell'art. 8 della legge n. 223/91 ha lo scopo non solo di ostacolare le operazioni messe in atto esclusivamente per lucrare fraudolentemente e indebitamente le agevolazioni contributive ed economiche previste dal legislatore al fine di facilitare il collocamento dei lavoratori coinvolti da provvedimenti di riduzione di personale, ma anche di evitare che i benefici relativi a dette agevolazioni finissero per incentivare operazioni coordinate di ristrutturazione produttiva, che pur eventualmente non giustificate esclusivamente dall'intento di lucrare il beneficio di legge, fossero impropriamente influenzate da tale prospettiva, determinando così un'utilizzazione dei benefici in questione per finalità ben diverse da quelle per cui essi sono stati concepiti e calibrati nella loro particolare consistenza (Corte Cass 1/07/2002 n.9532).