La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con il parere n. 18 del 28 maggio 2012, ha fornito alcuni chiarimenti in merito al rapporto tra il regime dei superminimi e l’impresa familiare.
Innanzi tutto, spiegano i consulenti, l’art. 27 del DL 98/2011 ha introdotto, con decorrenza 1.1.2012, un nuovo regime fiscale (per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità) riservato esclusivamente alle persone fisiche che esercitano attività di impresa, arte o professione cui si applica, ricorrendone i presupposti normativi, un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali pari al 5% del reddito, l’esenzione Irap e non rilevanza ai fini dell’Iva.
Requisito indispensabile, per accedere al regime di cui sopra (cd “dei superminimi”), è non aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistiche, professionali ovvero d’impresa in forma associata o familiare.
Ciò premesso, sembra precluso l’accesso al “regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e i lavoratori in mobilità” al collaboratore familiare che, conclusa la propria esperienza nell’impresa familiare, intende aprire una propria partita iva e intraprendere un’attività in forma individuale, anche completamente diversa da quella svolta dall’impresa familiare, solo se ancora non sono passati tre anni dalla cessazione del precedente rapporto di lavoro.
Diverso è il caso, invece, in cui un soggetto apra la partita iva per svolgere un’attività d’impresa in forma individuale e costituisca un’impresa familiare coinvolgendo un proprio familiare che, nei tre anni precedenti, ha svolto una propria attività d’impresa e/o di lavoro autonomo. Nell’ipotesi di impresa familiare, infatti, l’unico soggetto obbligato al calcolo e versamento dell’imposta (sostitutiva) dell’Irpef è il titolare dell’impresa. In questo caso, dunque, nulla impedisce all’imprenditore individuale di accedere al regime dei superminimi associando il suddetto collaboratore familiare.