Il Ministero del lavoro, con la circolare 19/05/2008 n.6416, rispondendo ad un quesito inoltrato dall'Unione industriale della provincia di Cuneo, ha precisato che ai fini della concessione del trattamento di CIGS per cessazione di attività e del calcolo dei limiti temporali è necessario prendere in considerazione la parte dell'impresa che cessa l'attività qualora la medesima presenti un'autonomia tale da garantire che la cessazione non influisca necessariamente sulle altre attività della medesima unità.
Infatti secondo il Ministero deve essere abbandonata l'interpretazione originaria dell'art.1, c.5, L. 223/91 che includeva la cessazione di attività nella più ampia fattispecie della crisi aziendale, con la conseguenza che alla crisi per cessazione di attività venivano applicati i criteri generali regolanti la crisi aziendale.
Da ciò discendeva che i limiti temporali relativi all'utilizzo della CIGS venivano riferiti all'unità produttiva intesa nella sua interezza (unità produttiva coincidente in via generale con lo stabilimento).
Le cose sono cambiate dopo le modifiche apportate dal DL 249/2004 (convertito nella L. 291/2004) che ha previsto che il ricorso alla CIGS per cessazione di attività può riguardare l'attività dell'intera azienda, un settore di attività oppure uno o più stabilimenti o parti di essi.
Per poter applicare concretamente la disposizione normativa, il Ministero del lavoro ha richiamato la nozione giurisprudenziale di reparto che viene definito come l'entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, funzionalizzata allo svolgimento di un'attività volta alla produzione di beni e servizi.
Ne consegue che al reparto può applicarsi la normativa in materia di CIGS per cessazione di attività e dei relativi limiti temporali, indipendentemente dalle situazioni di altre attività o parti di attività configurabili come autonome nell'ambito di un'unità produttiva.
Una diversa interpretazione della disposizione normativa determinerebbe una grave disparità di trattamento tra lavoratori occupati nella medesima unità produttiva, ma addetti ad attività distinte nei termini sopra indicati, che sarebbero ingiustamente penalizzati nel caso di decisioni aziendali di cessazione di attività che dovessero intervenire in tempi diversi.