Welfare territoriale per agevolare la fruizione dei flexible benefit
A cura della redazione

La legge di stabilità 2016 e la Legge di Bilancio 2018, anche se hanno reso le disposizioni fiscali contenute nell’art.51, c.2 del TUIR particolarmente favorevoli sia per il lavoratore che per l’azienda, non sono riuscite a convincere totalmente i datori di lavoro italiani ad adottare i piani welfare.
Le recenti ricerche di mercato, pur segnalando una crescita del welfare aziendale, hanno riscontrato che il fenomeno si sta diffondendo in modo disomogeneo. Più precisamente rimane ancora troppo ampio il divario tra le grandi imprese (e quelle multinazionali) rispetto alle PMI e tra aziende con sede nel Nord rieptto a quelle nel Sud del Paese.
Le difficoltà di attuazione dei piani welfare vanno ricercate non solo nell’insufficiente conoscenza di questo nuovo mondo e dei benefici di cui è portatore, ma anche nelle modeste competenze e, a volte, nelle ridotte risorse economiche che i datori di lavoro hanno a disposizione.
L'insufficiente conoscenza può essere superata rivolgendosi a strutture che forniscono consulenza e supporto (come LFwelfare), mentre una soluzione agli altri problemi è il c.d. welfare territoriale, ossia l’aggregazione fra imprese finalizzata ad unire da un lato le risorse economiche e dall’altro le competenze, per strutturare ed attuare misure di welfare aziendale che soddisfino non solo le esigenze dei lavoratori, ma anche quelle dei loro familiari e quindi della popolazione residente nel territorio di riferimento.
Il welfare passa così da aziendale a territoriale, superando il rischio di una crescente contrapposizione fra lavoratori più fortunati (perché dipendenti di grandi imprese o di aziende innovative oppure perchè residenti nel Nord Italia) e lavoratori meno tutelati.
Le misure che rientrano in questa tipologia di welfare sono regolamentate generalmente da un accordo collettivo territoriale (sottoscritto dalle rappresentanze sindacali locali) oppure da un contratto di rete.
Il primo si colloca ad un livello intermedio tra i CCNL e la contrattazione aziendale. Il contratto di rete invece aggrega diverse imprese tra loro indipendenti al fine di promuovere e valorizzare i progetti e gli investimenti per accrescere il potenziale d’innovazione e la capacità competitiva dei contraenti che prendono parte alla rete.
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