La Corte di Cassazione, con la sentenza 21/02/2013 n.9725, ha deciso che un’associazione di categoria non può far svolgere gli adempimenti in materia di lavoro a soggetti diversi dai propri dipendenti, dai consulenti del lavoro o comunque dagli altri professionisti abilitati ex lege 12/1979.
Quest’ultima disposizione normativa infatti prevede espressamente che gli adempimenti in materia di lavoro possono essere affidati anche ai servizi istituiti dalle associazioni di categoria individuati dall’art.1 della Legge del 1979 (delle imprese artigiane, nonchè delle altre piccole imprese, anche in forma cooperativa), restando invece vietata la delega a terzi, pena l’aggiramento delle suddette norme stabilite a tutela dell’interesse a che ai cittadini possano essere garantite determinate prestazioni professionali solo da soggetti che hanno un minimo di standard di qualificazione.
A tal fine non rileva il fatto che il suddetto art. 1 prevede che le associazioni di categoria possano e non debbano affidare i servizi anche ai consulenti del lavoro, dato che la condizioni fondamentale è che gli adempimenti in materia di lavoro siano in ogni caso curati dai dipendenti della medesima associazione, se non sono affidati ai professionisti.
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità invece l’associazione di categoria era socio accomandante con una percentuale dell’1% della società accomandataria cui era affidata la gestione degli adempimenti in materia di lavoro.
Ne consegue pertanto che sussistono gli estremi del reato di esercizio abusivo di una professione laddove la gestione degli adempimenti in materia di lavoro viene curata, non dai dipendenti dell'associazione di categoria, ma da un soggetto privo del titolo di consulente del lavoro, ovvero non iscritto al relativo albo professionale, che sia socio di una società solo partecipata da una di quelle associazioni di categoria.