La Corte di Cassazione, con la sentenza 6/05/2019 n.11778, pronunciatasi in merito alla legittimità del contratto a progetto, prima che venisse abrogato dal D.Lgs. 81/2015, ha ribadito il proprio orientamento secondo cui non sussiste il requisito della specificità del progetto o del programma di lavoro, se i compiti previsti nel contratto replicano sostanzialmente l’oggetto sociale e non prevedono l’affidamento al collaboratore di un preciso risultato da conseguire.

E’ quello che è accaduto ad un lavoratore con il quale un istituto di credito ha stipulato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa per perseguire un determinato progetto assegnandogli poi le mansioni di direttore generale di banca.

Il lavoratore si era rivolto al Tribunale affinché riconoscesse l’illeceità della collaborazione a progetto e la conseguente costituzione del rapporto di lavoro subordinato. I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso e hanno condannato l’azienda anche al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità.

Di diverso avviso la Corte d’Appello che invece ha ritenuto che il contratto a progetto intercorso era pienamente legittimo in quanto rispettoso delle norme di legge e che la circostanza che al lavoratore fossero state conferite le funzioni di direttore generale nulla togliesse alla bontà di tale ricostruzione, essendo il collegamento con l’azienda committente funzionale alla realizzazione delle fasi del progetto da realizzare.

Il collaboratore ha impugnato la sentenza davanti alla Corte di Cassazione che ha accolto le sue rimostranze affermando che il progetto concordato non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente e dunque nella previsione di prestazioni a carico del lavoratore coincidenti con l’ordinaria attività aziendale.