La Corte di Cassazione, con la sentenza 22/02/2021 n.4670, ha deciso che il datore di lavoro che anticipa quote di TFR al dipendente è tenuto al versamento dei contributi se non ricorrono le condizioni individuate dall’art. 2120 c.c. o quelle di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva o da patti individuali.

Nel caso in esame un’azienda aveva erogato a titolo di anticipazione al proprio dipendente quote del TFR maturato senza versare i contributi all’INPS.

L’Istituto previdenziale ha emesso nei suoi confronti una cartella esattoriale per il pagamento dei contributi omessi sulle anticipazioni del TFR, non essendo le stesse formalizzate né documentate e non risultate erogate per le tassative ipotesi previste dall’art. 2120 c.c.

Contro la cartella esattoriale l’azienda aveva proposto opposizione, accolta dal giudice di primo grado. Invece in sede di appello la pronuncia è stata riformata rigettando il ricorso e confermando l’obbligazione contributiva.

L’azienda è ricorsa alla Suprema Corte, la quale ha deciso che i giudici di appello hanno agito correttamente, affermando che solo la sussistenza degli elementi costitutivi dell’art. 2120 c.c. consente di qualificare l’erogazione datoriale come anticipazione del TFR. In difetto, l’erogazione monetaria al lavoratore non si sottrae all’obbligazione contributiva.