Autoriduzione della retribuzione: con la minaccia di licenziamento è estorsione
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 48868 del 21 dicembre 2009, ha stabilito che integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato di lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell'offerta sulla domanda, costringa i lavoratori, con la minaccia di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi inferiori e non adeguati alle prestazioni effettuate e, più in generale, condizioni di lavoro contrarie alle leggi ed ai contratti collettivi.
Un accordo contrattuale tra datore di lavoro e dipendente, nel senso dell'accettazione da parte di quest'ultimo di percepire una paga inferiore ai minimi retributivi, infatti, non esclude, di per sé, la sussistenza dei presupposti dell'estorsione mediante minaccia, in quanto anche uno strumento teoricamente legittimo può essere usato per scopi diversi da quelli per cui è apprestato e può integrare, al di là della mera apparenza, una minaccia ingiusta, perché ingiusto è il fine a cui tende, e se è idonea a condizionare la volontà del soggetto passivo, interessato ad assicurarsi comunque una possibilità di lavoro, altrimenti esclusa per le generali condizioni ambientali o per le specifiche caratteristiche di un particolare settore di impiego della manodopera.
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