La Corte di Cassazione, con la sentenza 2/10/2019 n. 26963, ha deciso che nei confronti dei lavoratori mobili addetti all’autotrasporto trova applicazione la disciplina dell’art. 11 del CCNL trasporto merci che, con esclusione dei tempi di riposo intermedio, considera quale lavoro straordinario il lavoro prestato oltre le 40 ore settimanali, corrispondenti al normale orario di lavoro indicato nel contratto individuale di lavoro per prestazioni lavorative discontinue e non il limite delle 48 ore settimanali previsto dalla Direttiva 2002/15/CE. Nel caso in esame un lavoratore autotrasportatore aveva chiesto al Tribunale del lavoro che venisse condannata l’azienda, di cui era dipendente, al pagamento a titolo di differenze retributive per compenso del lavoro straordinario svolto e per l’indennità di trasferta. Sia il giudice di primo grado sia quello d’appello hanno accolto le doglianze del lavoratore. La società ha così proposto ricorso in Cassazione la quale però lo ha dichiarato infondato sostenendo che la normativa europea si preoccupa di porre il limite dell’inderogabilità esclusivamente in senso peggiorativo e così deve ritenersi anche per i lavoratori mobili che esercitano operazioni di autotrasporto, lasciando liberi gli Stati membri di introdurre normative di favore. Pertanto, il fatto che il legislatore italiano abbia previsto una durata dell’orario normale di lavoro inferiore alle 48 ore individuate dalla citata Direttiva UE, con riflessi sul computo dello straordinario, rientra appieno nell’ambito di derogabilità in melius che la normativa comunitaria consente. In definitiva, la previsione comunitaria si riferisce all’impossibilità di prevedere per i lavoratori mobili una durata media della settimana lavorativa superiore alle 48 ore, come limite massimo, a garanzia del diritto del lavoratore, ma non preclude al legislatore nazionale la fissazione di una durata inferiore dell’orario lavorativo ordinario.