La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20789 del 7 ottobre 2010, ha stabilito che il collocamento in Cigs è illegittimo se l’azienda non precisa le ragioni del mancato ricorso alla rotazione.
L’art. 1, comma 8, della L. n. 223/1991 dispone espressamente che se l'impresa ritiene, per ragioni tecnico -organizzative connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell'unità lavorativa interessata dalle sospensioni deve indicarne i motivi nel programma di cui al comma 2 (quello, cioè, che deve essere allegato alla richiesta di intervento straordinario di integrazione salariale). La Corte ha, inoltre, rilevato che il vizio verificatosi nella comunicazione di apertura della procedura per il collocamento in Cigs può essere fatto valere anche dal singolo lavoratore, richiamando il principio affermato in materia dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 302 dell'11 maggio 2000 secondo cui: in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi (in base al combinato disposto degli art. 1, settimo comma, legge 23 luglio 1991 n. 223 e 5, commi quarto e quinto, legge 20 maggio 1975, n. 164), tale illegittimità potendo essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata.