Un documento della Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP) analizza in profondità gli open data INAIL, rivelando gravi criticità nel sistema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Cinque i percorsi tematici affrontati: tassi infortunistici, infortuni mortali, malattie professionali, mesoteliomi e tumori professionali. I dati mostrano un preoccupante scollamento tra denunce e riconoscimenti, con procedure spesso rigide e inadeguate. L’analisi sollecita un cambio di paradigma: dalla burocrazia alla giustizia sociale, per garantire piena tutela ai lavoratori colpiti da infortuni e patologie professionali.

Cosa tratta:

Un documento (in allegato) che fa riflettere, quello pubblicato dalla Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione (CIIP): "Cinque percorsi di lettura degli Open Data INAIL". Un titolo sobrio per un’analisi che, invece, solleva interrogativi profondi e urgenti sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in Italia.Attraverso cinque chiavi di lettura, la CIIP propone un viaggio nei dati INAIL che va oltre le cifre, per svelare le criticità strutturali del sistema: dai tassi infortunistici per comparto produttivo, al dramma degli infortuni mortali non riconosciuti, fino alle disuguaglianze nel trattamento delle malattie professionali.

  1. Tassi infortunistici: attenzione ai confronti fuorvianti - Il primo percorso invita a usare con cautela i tassi grezzi di infortunio (numero di eventi ogni mille addetti), spesso utilizzati per confronti territoriali o settoriali. Il rischio? Trarre conclusioni errate se non si considerano le specificità dei comparti produttivi o le condizioni locali. Un settore ad alto rischio in una regione può apparire più sicuro solo perché ha meno addetti o una diversa struttura produttiva.
  2. Infortuni mortali: quasi uno su due non è riconosciuto - Il dato che più colpisce è quello relativo agli infortuni mortali: nel 2023, su 1.187 denunce, 569 non sono state riconosciute come decessi per causa di lavoro. Quasi il 48%. Una cifra che lascia sgomenti. Tra i casi riconosciuti, circa la metà riguarda incidenti stradali, sia in itinere che durante l’orario di lavoro. Ma cosa succede negli altri casi? Secondo gli open data, nel 70% dei non riconoscimenti si afferma che la morte non è riconducibile all’evento denunciato. In altri casi (circa l’11%), manca documentazione ritenuta valida. Ma com’è possibile, ci si chiede, che in presenza di indagini da parte di ASL, forze dell’ordine e autorità giudiziarie, si arrivi a una simile carenza
  3. Malattie professionali: aumentano le denunce, calano i riconoscimenti - Un altro paradosso emerge dal terzo percorso: crescono le denunce di malattie professionali, ma diminuiscono i riconoscimenti. Tra il 2019 e il 2022, la percentuale di accoglimento varia dal 23% al 60% a seconda della regione. Una forbice che solleva dubbi sull’equità del sistema. Il problema? L’INAIL basa gran parte delle sue valutazioni sul Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) aziendale. Ma cosa accade se il DVR è incompleto, inadeguato o addirittura negazionista rispetto ai rischi reali? In molti casi, il lavoratore deve farsi carico di dimostrare l’esposizione al rischio, spesso senza il supporto di indagini approfondite da parte dell’Istituto.
  4. Mesoteliomi: una giustizia sociale negata - Il quarto tema affrontato dalla CIIP riguarda il riconoscimento dei mesoteliomi, tumori quasi sempre legati all’esposizione all’amianto. E qui i numeri parlano chiaro: secondo il Dipartimento di Epidemiologia dell’INAIL, la frazione attribuibile a cause lavorative è del 97% per gli uomini e dell’82% per le donne. Eppure, l’INAIL riconosce solo il 65% dei casi. Un dato che lascia senza parole, soprattutto se si considera che in molti casi la malattia viene riconosciuta, ma non l’esposizione lavorativa. Il risultato? Nessun risarcimento. Una situazione che gli esperti definiscono senza mezzi termini una “ingiustizia sociale”, frutto di un approccio rigidamente medico-legale che richiede la prova dell’esposizione, spesso impossibile da ottenere a distanza di decenni. Eppure, come sottolinea la CIIP, risarcire tutte le vittime porterebbe a un errore del 3%, mentre l’attuale sistema, basato su criteri restrittivi, sbaglia nel 33% dei casi. Un paradosso che mina la credibilità e la funzione sociale del sistema di tutela.
  5. Tumori professionali: il grande rimosso -  Ancora più drammatica è la situazione dei tumori professionali non legati all’amianto. Sebbene le tabelle INAIL riconoscano la correlazione tra lavoro e numerose forme tumorali, nella pratica il riconoscimento è quasi inesistente. Ogni anno, in Italia, vengono riconosciuti solo 200 casi di tumori professionali non asbesto-correlati, quasi tutti al polmone. Un numero che, secondo gli esperti, è drammaticamente inferiore rispetto alle stime epidemiologiche. Un esempio emblematico è quello dei tumori alla vescica: con una frazione lavoro-correlata stimata all’8%, su circa 29.000 casi annui, ci si aspetterebbero oltre 2.300 riconoscimenti all’anno. E invece, in cinque anni, sono stati riconosciuti solo 10 casi.

Un fallimento sistemico, che non può essere ignorato. La CIIP propone un approccio pragmatico: fare rete, analizzare i casi riconosciuti, studiare i fascicoli, e usarli come precedenti per sbloccare nuovi riconoscimenti. I dati, se letti e condivisi, possono diventare strumenti di giustizia e non solo materiale da convegno.


Indicazioni operative

Tema Criticità emerse Dati chiave Suggerimenti operativi
Tassi infortunistici Confronti territoriali e settoriali fuorvianti Tassi grezzi per comparto produttivo (Ateco) Considerare le specificità dei comparti e le condizioni locali
Infortuni mortali Quasi il 48% dei casi non riconosciuti 569 su 1.187 denunce non riconosciute nel 2023 Indagare le cause dei non riconoscimenti e migliorare la raccolta documentale
Malattie professionali Aumento delle denunce, calo dei riconoscimenti Riconoscimenti dal 23% al 60% a seconda della regione Rivedere le procedure di valutazione e integrare il DVR con indagini più approfondite
Mesoteliomi Solo il 65% dei casi riconosciuti nonostante l’elevata correlazione 97% (uomini) e 82% (donne) di origine lavorativa, ma solo 65% riconosciuti Adottare criteri meno restrittivi e risarcire tutte le vittime, anche in assenza di prove dirette
Tumori professionali Riconoscimenti quasi inesistenti, tranne per l’amianto Solo 200 casi/anno riconosciuti, 10 tumori alla vescica in 5 anni vs 10.000 attesi Fare rete, analizzare i casi riconosciuti e usarli come precedenti per nuovi riconoscimenti


Cosa dice la legge

La normativa italiana in materia di salute e sicurezza sul lavoro si fonda principalmente sul D.Lgs. 81/2008, che stabilisce l’obbligo per il datore di lavoro di valutare tutti i rischi per la salute dei lavoratori e di adottare misure preventive adeguate.

  • Per quanto riguarda il riconoscimento delle malattie professionali, l’art. 139 del D.P.R. 1124/1965 prevede che l’INAIL riconosca le patologie tabellate senza necessità di prova del nesso causale, purché vi sia esposizione. Tuttavia, per le malattie non tabellate, il lavoratore deve dimostrare il nesso tra attività lavorativa e patologia.
  • Il Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM), istituito con la Legge 257/1992, è uno strumento fondamentale per il monitoraggio dei casi legati all’amianto. Tuttavia, i dati raccolti non hanno valore vincolante per l’INAIL, che mantiene autonomia nella valutazione dei singoli casi.
  • Infine, la giurisprudenza ha più volte sottolineato l’importanza di un approccio equo e non eccessivamente formalistico nel riconoscimento delle patologie lavoro-correlate, soprattutto in presenza di evidenze epidemiologiche consolidate.