Demansionamento: il consenso del lavatore non esclude il risarcimento del danno
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8527 del 14 aprile 2011, ha stabilito che adibire il lavoratore a mansioni inferiori, anche se con il suo consenso, costituisce, comunque, una lesione della sua dignità e comporta, pertanto, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.
L’art. 2103 C.C., che tutela la professionalità del prestatore di lavoro nonché il diritto a prestare l’attività lavorativa per la quale si è stati assunti o si è successivamente svolta, vietandone l’adibizione a mansioni inferiori, è un norma imperativa e, pertanto, non derogabile nemmeno dalle parti.
In caso di accertato demansionamento professionale del lavoratore, in violazione del suddetto articolo, pertanto, il giudice di merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in Cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico-giuridicio attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.
Riproduzione riservata ©