La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16595 del 20 giugno 2018, ha stabilito che, in tema di liquidazione equitativa del danno da demansionamento, la valutazione del giudice di merito che non abbia indicato, nemmeno sommariamente, i criteri seguiti per determinare l'entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al "quantum",  è sindacabile in sede di legittimità, come violazione dell'art. 1226 c.c. e, nel contempo, come ipotesi di assenza di motivazione, di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile".

Nella fattispecie in esame, la Suprema Corte aveva cassato, con rinvio, la sentenza della Corte d’appello con cui era stato ridotto notevolmente l'ammontare del danno professionale liquidato in primo grado semplicemente richiamando la prassi diffusa presso il distretto territoriale, senza procedere ad una enunciazione più specifica dei criteri applicati né all'adeguamento della liquidazione alle particolarità del caso concreto.