È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 novembre 2025 la Direttiva (UE) 2025/2360 che introduce il primo quadro organico dell’Unione Europea dedicato al monitoraggio, alla protezione e alla gestione del suolo. La direttiva, che era stata approvata il 23 ottobre, avrà risvolti diretti sul settore agricolo, industriale, urbanistico e su tutte le attività con potenziale impatto sul suolo.

Di cosa tratta:

La direttiva nasce dall’esigenza di intervenire sul degrado dei suoli, che interessa circa il 60–70% del territorio europeo. Gli obiettivi principali sono:

  • istituire un sistema armonizzato di monitoraggio della salute del suolo;
  • identificare e gestire i siti potenzialmente contaminati;
  • fornire alla Commissione dati comparabili e trend evolutivi;
  • aumentare la trasparenza verso cittadini e stakeholder.

Gli Stati membri dovranno recepire la Direttiva entro il 17 dicembre 2028 e introdurre un quadro nazionale di monitoraggio basato su descrittori e criteri tecnici comuni (Allegato I), tra cui:

  • carbonio organico del suolo (SOC);
  • densità apparente;
  • contaminanti chimici (metalli pesanti, composti organici ecc.);
  • fosforo estraibile;
  • indicatori di impermeabilizzazione e rimozione del suolo.

Le metodologie di misura dovranno seguire norme ISO o equivalenti, garantendo compatibilità e comparabilità dei dati tra gli Stati.

Un elemento centrale della direttiva è la creazione, da parte degli Stati membri, di distretti del suolo e unità di suolo, che costituiranno la base territoriale per il campionamento, il monitoraggio e la valutazione.

Sulla base dei dati raccolti, ciascun Paese dovrà valutare lo stato del suolo, definendo:

  • valori obiettivo sostenibili (non vincolanti, orientati alla condizione ideale del suolo);
  • valori guida operativi (definiti a livello nazionale, che attivano misure di sostegno alla salute del suolo).

Gli obblighi riguardano anche la comunicazione. Ogni sei anni gli Stati membri dovranno trasmettere alla Commissione i dati del monitoraggio, lo stato dei siti contaminati e i progressi delle misure adottate. La prima relazione è prevista per il 2032 e, successivamente, ogni 6 anni.

Siti potenzialmente contaminati:

La direttiva introduce un obbligo sistematico di individuazione dei siti potenzialmente contaminati. Gli Stati dovranno predisporre un elenco delle attività con potenziale impatto e identificare ogni sito che, per attività presenti o pregresse, incidenti, sversamenti o evidenze analitiche, possa aver subito contaminazioni.

Tutti i siti identificati dovranno essere inseriti entro il 2035 in un registro nazionale pubblico, georeferenziato e consultabile online. La direttiva distingue in modo chiaro fra “sito potenzialmente contaminato” e “sito contaminato”, per garantire trasparenza ed evitare allarmismi.

Ogni sito dovrà essere valutato tramite analisi basate su criteri uniformi (Allegato V): identificazione dei contaminanti, vie di esposizione, recettori, modello concettuale. Se emerge un rischio inaccettabile per la salute umana o l’ambiente, lo Stato dovrà imporre misure di riduzione del rischio.

L’Allegato IV elenca alcuni esempi:

  • interventi fisici, biologici e chimici di bonifica;
  • misure di contenimento;
  • restrizioni d’uso;
  • limitazioni allo scavo o alle acque sotterranee;
  • limitazioni all’accesso.

Si applica il principio “chi inquina paga”, con possibilità di utilizzare fondi europei quando il responsabile non è individuabile.

Quando in vigore?

La direttiva entrerà in vigore venti giorni dopo la pubblicazione, il 16 dicembre 2025.

Indicazioni operative:

Gli Stati membri istituiranno una rete nazionale di monitoraggio con punti di campionamento coerenti, basati su criteri unificati, e definiranno metodologie nazionali per la valutazione del rischio.

Per le organizzazioni agricole, industriali e tutte le attività che incidono sul suolo questo comporterà:

  • maggiore tracciabilità e disponibilità di dati sul suolo;
  • necessità di dimostrare conformità ai nuovi descrittori se richiesto dai procedimenti autorizzativi nazionali o regionali;
  • obbligo di gestione del rischio o intervento se il sito risulta contaminato e presenta un rischio inaccettabile;
  • possibile incremento dei controlli basati sui sistemi di monitoraggio nazionali.

Gli operatori della bonifica e i consulenti dovranno adeguarsi ai nuovi standard tecnici e alle procedure uniformi previste dalla direttiva.

Per maggiori approfondimenti si allega il testo della direttiva.