Il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL (Dimeila) ha recentemente pubblicato una scheda informativa che riassume le nuove evidenze emerse da studi in vitro sugli effetti tossici delle fibre artificiali vetrose (FAV) di nuova generazione e delle fibre policristalline (PCW), utilizzate come alternative all’amianto.

Di cosa tratta:

L’amianto, bandito in Italia con la Legge n. 257/1992, era largamente impiegato per la sua resistenza al calore e le proprietà isolanti. La sua pericolosità, tanto da essere classificato come “certamente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1 – IARC), è legata alla biopersistenza delle fibre respirabili che, una volta inalate, possono provocare asbestosi, mesotelioma e tumori polmonari. La sostituzione dell’amianto ha portato allo sviluppo di fibre alternative, in particolare:

  • Fibre Artificiali Vetrose (FAV): include le lane minerali classiche e quelle di nuova generazione (AES – silicati alcalino-terrosi e HT – lane ad alto contenuto di allumina e basso contenuto di silice);
  • Fibre policristalline (PCW): materiali composti da una struttura cristallina con un’eccellente resistenza termica.

Queste fibre sono state progettate per avere maggiore biosolubilità e minor permanenza nei tessuti polmonari, riducendo il rischio rispetto all’amianto.

Il Dimeila ha condotto due studi in vitro su cellule polmonari umane, comparando gli effetti di PCW, FAV AES1 (alta percentuale di MgO), FAV AES2 (alta percentuale di CaO) con quelli delle fibre ceramiche refrattarie (FCR), già note per la loro tossicità.

I risultati suggeriscono che, sebbene considerate finora più sicure, alcune di queste fibre possono comunque indurre effetti avversi sulle cellule polmonari umane:

  • Le PCW inducono danno ossidativo al DNA (test Fpg-comet) e rilascio di interleuchine pro-infiammatorie (IL-6), seppur in misura inferiore alle FCR.
  • Le AES, pur essendo fibre biosolubili, hanno comunque mostrato effetti citotossici, genotossici e infiammatori, variabili a seconda della composizione chimica e del terreno di coltura.

Le differenze di tossicità sono legate a forma, dimensione, composizione chimica e biopersistenza delle fibre.

Anche se meno pericolose dell’amianto, le fibre sostitutive non sono quindi prive di rischio. I risultati sollevano interrogativi sulla reale sicurezza di materiali oggi considerati “a basso rischio”, evidenziando la necessità di:

  • Monitoraggio ambientale nei luoghi dove si impiegano fibre AES o PCW;
  • Adozione di DPI idonei per le vie respiratorie;
  • Ventilazione adeguata degli ambienti di lavoro e smaltimento controllato;
  • Introduzione di biomarcatori precoci per identificare gli effetti dell’esposizione.

L’esposizione:

I lavoratori potenzialmente esposti alle fibre sostitutive dell’amianto appartengono principalmente al settore delle costruzioni o in generale nelle attività edilizie come manutenzione o rimozione di manufatti, ma anche persone che lavorano in edifici sottoposti a manutenzione o ristrutturazione.

Le vie respiratorie rappresentano la più comune via di esposizione, ma questa può avvenire anche per contatto con cutaneo o attraverso gli occhi.

Conclusioni:

Gli autori sottolineano l’importanza di ulteriori ricerche con studi più approfonditi sia in vitro che su lavoratori esposti. La valutazione tossicologica delle fibre “alternative” è ancora incompleta: è necessario aggiornare costantemente la classificazione del rischio in base alle evidenze scientifiche più recenti e adottare misure di prevenzione e protezione come l’utilizzo di APVR, il monitoraggio dell’aria e la gestione dei materiali durante le lavorazioni.

 

Per maggiori approfondimenti è possibile consultare il documento allegato.