L'istituto previdenziale, a seguito dei problemi interpretativi della D. Lgs. 228/2001, ha fornito importanti precisazioni in materia di esercizio in forma societaria di attività agricolo e tutele previdenziali (INPS, 21 febbraio 2003, n. 39).
L'articolo 9, secondo capoverso, del citato D. Lgs. N. 228/2001 con riferimento ai soci di società di persone, statuisce che i soci " mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si concretizza anche l'apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare".
Il ricorso al concetto di "quota" nella fase di valutazione della situazione attiva di un soggetto è altresì ritenuto indispensabile nelle ulteriori ipotesi rappresentate da una gestione " in comunione" dei beni utilizzati per lo svolgimento di attività agricola.
Società tra imprenditori agricoli a titolo principale - L'INPS ha fornito le precisazioni necessarie per valutare i caratteri distintivi fondamentali dell'imprenditore agricolo a titolo principale ai fini del diritto al riconoscimento della qualifica previdenziale anche se socio di società di persona.
Punto di partenza è sempre il concetto di "quota" per le società tra coltivatori diretti e per le ulteriori fattispecie rappresentate dalla gestione "in comune" dei beni, in dipendenza di una comunione tacita familiare e/o ereditaria.
Sul piano metodologico, espletati i controlli amministrativi, deve essere convalidata l'esistenza di alcune condizioni:
- la posizione di socio amministratore, attraverso la consultazione dell'anagrafe della Camera di Commercio, a conferma della partecipazione attiva di ciascun socio alla gestione dell'azienda;
- la verifica nella denuncia fiscale della società dei costi e ricavi che, nelle dichiarazioni fiscali del singolo socio, devono risultare ripartiti in proporzione alla quota personalizzata di possesso dei beni conferiti.
Verificate tale condizioni la gestione comune risulta ininfluente.