Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali degli immigrati
A cura della redazione
INAIL ha pubblicato uno studio in cui approfondisce la tematica degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali relativa ai lavoratori nati all’estero e immigrati nel nostro Paese confrontandoli con gli italiani
Cosa tratta?
L’immigrazione in Italia conta al 1° gennaio 2024 circa 5,3 milioni di stranieri residenti (pari al 10% della popolazione totale), rispetto all’anno precedente la popolazione straniera è aumentata del 2,2% (oltre 112 mila unità).
L’età lavorativa si concentra nelle fasce più giovani e comprende anche un numero significativo di minorenni (conseguenza principale dei ricongiungimenti familiari), questo fatto migliora la struttura per età del nostro Paese, rallentando il calo della nostra forza lavoro e la quota degli over-65 che sarebbe salita ulteriormente.
Sotto il profilo della salute e sicurezza molteplici sono i fattori di criticità della forza lavoro straniera che spesso si trova ad operare in situazioni di irregolarità, di incertezza e sfruttamento. L’essere adibiti, inoltre, ad attività tradizionalmente rischiose e a mansioni più pericolose e pesanti, spesso di tipo manuale, rende il lavoratore straniero più vulnerabile sui luoghi di lavoro al rischio di infortunarsi o ammalarsi.
Nel 2023 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail sono stati 590.215 e di questi 119.159 casi (poco più del 20%) hanno interessato i lavoratori nati all’estero. I casi mortali sono stati complessivamente 1.147, sempre nel 2023, di cui il 19,2% (220) ha coinvolto gli stranieri.
Per quanto riguarda le malattie professionali, nel 2023 sono state denunciate all’Inail 72.610 malattie professionali o lavoro-correlate, di queste 6.009, l’8,3%, ha riguardato i lavoratori nati all’estero.
Poco più di un terzo delle malattie degli immigrati ha riguardato la componente femminile, percentuale più alta rispetto alle colleghe italiane (25,7%) mentre per il genere maschile, sono gli italiani ad aver registrato una quota più alta (74,3%) rispetto ai nati all’estero (66,5%).
Cosa dice la legge?
- D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – Testo Unico Sicurezza: garantisce tutela uniforme, anche per i lavoratori stranieri (art. 1 c.1), promuovere iniziative dedicate a lavoratori immigrati (art. 11 co. 6), inclusione di rischi legati a origine, lingua e cultura nella valutazione del rischio (art. 28 c. 1), formazione e informazione applicabili anche agli stranieri (art. 36 e 37).
Indicazioni operative
- Valutazione dei rischi inclusiva: aggiornare il DVR (Documento di Valutazione dei Rischi) considerando fattori culturali e linguistici, inserire rischi specifici legati a mansioni ad alta esposizione (edilizia, agricoltura, logistica) e prevedere misure per ridurre il rischio derivante da scarsa comprensione delle procedure.
- Formazione e informazione multilingue: tradurre materiali formativi nelle lingue più diffuse tra i lavoratori, utilizzare supporti visivi (pittogrammi, video) per superare barriere linguistiche e prevedere corsi pratici e simulazioni, non solo lezioni teoriche.
- Sorveglianza sanitaria mirata: programmare visite mediche periodiche con mediatori culturali, monitorare patologie correlate a lavori pesanti e condizioni di vita precarie e garantire accesso alle cure senza discriminazioni.
- Comunicazione chiara e continua: nominare referenti interni o mediatori linguistici, creare canali di segnalazione sicuri per infortuni e near-miss e diffondere procedure di emergenza in più lingue.
- Coinvolgimento delle parti sociali: collaborare con sindacati e associazioni di migranti per campagne di sensibilizzazione e promuovere accordi territoriali per la sicurezza nei settori a rischio.
- Monitoraggio e miglioramento: analizzare statistiche interne sugli infortuni per individuare criticità, aggiornare periodicamente il piano di prevenzione e integrare indicatori di inclusione nella reportistica aziendale.
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