L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 83 del 28 settembre 2016, ha chiarito che le somme rimborsate dal datore di lavoro per il servizio di Car Sharing non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente in trasferta all’interno dello stesso Comune in cui si trova la sede di lavoro.

Ciò vale a prescindere dal fatto che la fattura emessa dal Car Sharing sia intestata direttamente al dipendente o alla società datore di lavoro. Il meccanismo di “Utilizzo incrociato”, infatti, consente ad un datore di lavoro, cliente della società di Car Sharing, di essere intestatario delle fatture relative alle spese di trasporto sostenute dai propri dipendenti in occasione delle loro trasferte autorizzate. Anche in questo caso, quindi, la spesa rimborsata al lavoratore per l’utilizzo del veicolo non concorre alla formazione del reddito.

La fattura emessa dalle società di Car Sharing nei confronti del dipendente individua il destinatario della prestazione, il percorso effettuato, con indicazione del luogo di partenza e di arrivo, la distanza percorsa, la durata e l’importo dovuto. Un insieme di informazioni idoneo ad attestare l’effettivo spostamento dalla sede di lavoro e l’utilizzo del servizio da parte del dipendente analogamente ai documenti emessi dai conducenti di taxi. I rimborsi da Car Sharing, così come quelli previsti per i taxi, non concorrono quindi a formare il reddito del lavoratore (art.51, comma 5 del TUIR).