Il CCNL va scelto con criteri oggettivi
A cura della redazione
La Corte di cassazione, con l’Ordinanza n. 27719 del 17 ottobre 2025, ha deciso che l'individuazione del CCNL da applicare in azienda è rimessa all'autonomia negoziale delle parti, esercitata attraverso l'iscrizione ad un sindacato o ad un'associazione imprenditoriale oppure sulla scorta di un comportamento concludente, a prescindere dal criterio dell'attività svolta.
Quindi, Il datore di lavoro che svolge attività economiche diverse ed è iscritto alle associazioni datoriali stipulanti i rispettivi contratti collettivi è tenuto ad applicare nella propria azienda il contratto collettivo coerente con ciascun settore di attività.
Nel caso in esame, alcuni lavoratori si erano rivolti al Tribunale del lavoro affinché accertasse che il loro rapporto fosse regolato, al pari degli altri dipendenti, dal CCNL aziende municipalizzate di igiene urbana, anziché da quello applicato fin dalla data della loro assunzione in ragione dell’attività svolta (CCNL gas-acqua).
Nei primi due gradi di giudizio i lavoratori sono risultati soccombenti poiché secondo i giudici territoriali l'iscrizione del datore di lavoro all'associazione firmataria del contratto collettivo di lavoro coerente con l'attività svolta dai lavoratori vincolava solo nei confronti del sindacato e non nei confronti dei lavoratori e non comportava l'obbligo di applicare lo stesso contratto di lavoro, dovendo ritenersi prevalente la scelta delle parti in sede di stipulazione del contratto individuale di applicare un differente contratto collettivo.
I lavoratori hanno proposto così ricorso alla Suprema Corte, la quale, richiamando la Cass. n. 7203/2024 ed in particolare le S.U n. 2665/1997, hanno ribadito che la sfera di efficacia soggettiva del contratto collettivo di diritto comune non va individuata in applicazione del criterio c.d. merceologico dell'attività svolta dal prestatore ai sensi dell'art. 2070, comma 1, c.c., ma è invece frutto dell'esercizio dell'autonomia negoziale manifestata con l'iscrizione ad un sindacato o ad un'associazione imprenditoriale o anche con comportamento concludente; conseguentemente, ai lavoratori che lo richiedono, pur se assunti in tempi diversi, va applicato il contratto collettivo in essere, anche in fatto, nell'impresa, indipendentemente dall'attività svolta, con la precisazione che, se il datore esercita distinte attività economiche, occorre individuare, il contratto collettivo riferibile al personale addetto alle singole attività, fermo il rispetto dell'art. 36 Cost.
Pertanto, in presenza di più attività economiche svolte dal datore di lavoro, iscritto ad un’associazione di categoria che ha sottoscritto un CCNL coerente con il tipo di attività esercitata dai lavoratori, non può essere applicato ad alcuni dipendenti un CCNL differente (che prevede una retribuzione minore) solo perché è iscritto ad altra organizzazione sindacale che ha stipulato un contratto collettivo relativo a un diverso settore di attività che non è coerente con quella svolta da questi ultimi lavoratori.
Infatti, con l'iscrizione alle associazioni stipulanti uno o diversi contratti collettivi di lavoro, di natura privatistica, il datore di lavoro, in virtù del principio volontaristico, si obbliga ad applicare nella propria azienda i contratti coerenti con l'attività di lavoro svolta dai lavoratori, secondo la sfera di applicazione oggettiva (c.d. perimetrazione della categoria) descritta negli stessi contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni a cui ha conferito il mandato.
Con la predetta pronuncia del 2024, la Corte di cassazione ha inoltre deciso che l'applicazione di fatto e reiterata di un contratto collettivo nazionale di lavoro garantisce l'uniformità dei trattamenti contrattuali e l'efficacia generalizzata del CCNL di diritto comune all'interno dell'azienda, con obbligo del datore di lavoro di applicare i contratti collettivi osservati a tutti i lavoratori; l'applicazione di fatto crea quindi un vincolo che può prevalere (attraverso la tecnica dell'inderogabilità in peius) sulla scelta del contratto collettivo successivamente indicato in sede di contratto individuale.
L'iscrizione del datore all'organizzazione datoriale stipulante è un altro dei modi con cui il datore di lavoro si obbliga all'applicazione del CCNL in azienda, onde garantire trattamenti uniformi a parità di mansioni, quanto ovviamente al trattamento economico e normativo di base.
Pertanto, la scelta del CCNL è sì libera, ma deve essere pur sempre coerente con l'ordinamento e con gli obblighi assunti dal datore di lavoro che si è iscritto volontariamente all'associazione datoriale, nonché con quelli derivanti dalla reiterata applicazione del contratto collettivo in via di fatto nei confronti della generalità dei lavoratori dipendenti che svolgano una medesima attività.
È perciò da escludere che i dipendenti di una medesima impresa che espletano la stessa attività possano essere inquadrati con contratti collettivi diversi.
Infatti, ove si consentisse al datore di lavoro iscritto all'associazione di categoria di praticare inquadramenti professionali differenziati, ad libitum, e di corrispondere trattamenti retributivi differenti, all'interno della stessa impresa, pur a parità di attività e di mansioni, si determinerebbe una frizione con l'art. 36 Cost. e, segnatamente, con la regola della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro svolto.
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