Il patto di prova non è nullo se le mansioni indicate sono determinabili
A cura della redazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza 4/08/2014 n.17591, ha deciso che il patto di prova apposto al contratto di lavoro, oltre a dover risultare da atto scritto, deve contenere una specifica indicazione delle mansioni che ne costituiscono l’oggetto, anche se non devono essere necessariamente indicate in dettaglio, essendo sufficiente che siano determinabili.
Nel caso in esame un lavoratore ha richiesto al Tribunale del lavoro che venisse dichiarato illegittimo il licenziamento poiché il patto di prova contenuto nel contratto di assunzione era privo della specifica indicazione delle mansioni e anche per la divergenza tra le mansioni indicate nel contratto di lavoro e quelle concretamente svolte nel corso del rapporto di lavoro.
La Corte d’appello ha poi confermato la sentenza dei giudici di primo grado evidenziando che il patto di prova deve ritenersi valido non solo quando la previsione contrattuale risulta sufficientemente determinata, ma anche quando si pone il dipendente nelle condizioni di conoscere le mansioni che svolgerà sulla base delle declaratorie contrattali.
A giustificare la decisione dei giudici ha contribuito anche il contenuto della lettera con il quale il lavoratore ha reagito alla valutazione negativa dell’attività volta che ha giustificato poi la risoluzione del rapporto di lavoro. Infatti nella lettera il dipendente ha elencato specificatamente le attività svolte per il raggiungimento degli obiettivi proposti; compiti questi ultimi che rientrano appieno in quelli propri della mansione indicata nel patto di prova.
Quanto dichiarato dal lavoratore nella predetta lettera può infatti essere qualificato come confessione, dato che secondo un costante orientamento della Suprema Corte (Cass. 23495/2010 e 7381/2013) affinché si sia in presenza di una confessione è necessario che vi sia un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all’altra parte e di un elemento oggettivo, che si ha quando dall’ammissione del fatto obiettivo che forma oggetto della confessione escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all’interesse del dichiarante e al contempo un corrispondente vantaggio nei confronti del destinatario della dichiarazione.
Riproduzione riservata ©