Il rischio colpo di calore nei cantieri e le relative responsabilità
A cura della redazione

Il datore di lavoro di una ditta esecutrice e il coordinatore in fase di esecuzione di un cantiere sono stati condannati per lesioni personali gravissime ai danni un lavoratore, dipendente del datore di lavoro in questione, riconducibili alla condotta colposa dei due soggetti.
La sentenza n.4813 del 6 febbraio 2025 della Corte di Cassazione penale risponde, in particolare, al ricorso del coordinatore in fase di esecuzione dei lavori.
Il fatto
Il cantiere oggetto dell’evento era destinato alla demolizione di un albergo e successiva costruzione di un nuovo complesso. L’area risultava interamente esposta al sole, ad esclusione di una baracca non climatizzata, dove si poteva avere una temperatura anche superiore a quella esterna. Il giorno dell’infortunio, sono state registrate una temperatura di 37°C un tasso di umidità dell’88%.
Il lavoratore, a seguito del malore, era stato portato in pronto soccorso, intubato a ricoverato in terapia intensiva; in ospedale sono state riscontrate lesioni molto gravi, da cui è derivata l’imputazione, fino alla conferma di un danno biologico permanente dell’87% e conseguente impossibilità a riprendere l’attività lavorativa.
Il coordinatore in fase di esecuzione è stato quindi condannato nei precedenti gradi giudizio, “per non aver verificato l'idoneità del piano operativo di sicurezza, nella parte in cui non prendeva in considerazione i rischi derivanti dalle influenze atmosferiche, ed in particolare dai colpi di calore, considerando i metodi di lavoro in uso (senza la previsione di turnazioni) e le conseguenti sollecitazioni fisiche per i lavoratori, che indossavano un elmetto e maneggiavano attrezzature in acciaio.”
L’imputato ha chiesto ricorso, tramite il suo legale, sostenendo che le due precedenti sentenze, che lo avevano entrambe condannato per lesioni gravi, andavano annullate in quanto:
- vi era assenza del nesso causale, in quanto veniva affermata l’esistenza di una zona boscata limitrofa utilizzabile come riparo e si riteneva perciò responsabile il preposto che doveva vigilare sul luogo del cantiere;
- vi erano state due violazioni della legge processuale penale.
La sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato in pieno la richiesta dell’imputato. Focalizzandoci sulle spiegazioni legate alla prima motivazione, quindi ad una eventuale assenza del nesso causale, la Corte afferma che “se è vero che al coordinatore per l'esecuzione dei lavori viene riconosciuta una funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, nondimeno la figura rileva nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia della incolumità dei lavoratori; a tale fine rileva al contempo una scrupolosa verifica della idoneità del POS e nella assicurazione della sua coerenza rispetto al PSC e nell'assicurazione dell'adeguamento dei piani in relazione alla evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute.”
“Ma il controllo sull'idoneità del piano operativo di sicurezza non è limitato alla regolarità formale dello stesso e alla astratta fattibilità di tale lavorazione con i mezzi ivi indicati, poiché si estende alla verifica della compatibilità di tale lavorazione con le concrete caratteristiche degli strumenti forniti e delle protezioni apprestate dall'impresa”.
In questo caso, la Corte ha ritenuto insufficienti le misure organizzative adottate, dato che le lavorazioni erano state pianificate in periodo estivo e non erano stati predisposti ripari adeguati. Essendo quindi il pericolo di esposizione al calore riconducibile all’ambiente di lavoro e all’organizzazione dell’attività e non ai rischi specifici dell’attività dell’impresa appaltatrice, a cui non risponde il coordinatore, la causalità dell’evento rientra nel campo delle responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione.
Conclusioni
Abbiamo parlato spesso di patologie da calore e di come l’incidenza stia aumentando a causa del cambiamento climatico, rendendo sempre più necessario trovare adeguate misure organizzative e tecniche per ridurne il rischio. I lavoratori che svolgono attività all’aperto anche in estate, come nel settore delle costruzioni, sono particolarmente soggetti a colpi di calore, così come altre patologie dovute all’esposizione prolungata al sole e ad alte temperature. Come ribadisce questa sentenza, è necessario, quindi, includere questi rischi e le dovute misure all’interno di tutti i documenti che si occupano di valutazione dei rischi, soprattutto nei settori più colpiti.
Si sottolinea, inoltre, il campo di responsabilità del coordinatore in fase di esecuzione, che deve verificare l’adeguatezza delle misure adottate rispetto ai rischi legati all’ambiente di lavoro e agli aspetti organizzativi, oltre a verificare la corretta osservanza, da parte delle ditte appaltatrici, delle disposizioni del PSC.
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