Illegittimo il licenziamento per ritorsione
A cura della redazione

Il datore di lavoro che licenzia il proprio dipendente, anche se dirigente apicale, per ritorsione a un'azione giudiziaria promossa dal lavoratore, è tenuto alla reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi dell'art. 18 St. Lav. (Cass. 03/07/2008 n.11767).
Più precisamente secondo i giudici di legittimità la ritorsione ad un'azione giudiziaria costituisce motivo illecito che comporta la nullità degli atti da esso viziati in quanto essa non è altro che una forma di vendetta aggravata dal fatto di dirigersi contro l'utilizzazione di uno strumento che l'ordinamento appresta ai propri consociati per la risoluzione pacifica delle loro contese.
In questo caso trova applicazione l'art. 18 St. Lav.. La disposizione normativa si applica anche se il lavoratore licenziato è inquadrato come dirigente apicale. Infatti secondo la Legge 108/1990 la tutela reale in caso di licenziamento discriminatorio si applica comunque, a prescindere sia delle dimensioni dell'azienda (numero dei dipendenti) che della qualifica del lavoratore (e quindi anche ai dirigenti).
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