La Corte di Cassazione, con la sentenza 24/08/2016 n.17313, ha deciso che se in un contratto di agenzia è stata inserita la clausola che prevede un minimo contrattuale garantito, seppur subordinato al raggiungimento di determinati obiettivi, l’azienda non può discrezionalmente decidere di non riconoscere nulla al lavoratore, se tali obiettivi non vengono raggiunti.

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, in un contratto di agenzia è stato previsto il riconoscimento di un compenso al lavoratore a titolo di minimo provvisionale garantito subordinato al raggiungimento di alcuni obiettivi che se non raggiunti determinavano la riduzione proporzionale del compenso per il periodo successivo.

L’azienda, valutando che l’obiettivo stabilito nell’accordo non era stato raggiunto, ha deciso di non corrispondere alcuna somma a titolo di compenso minimo garantito.

Il lavoratore, invece, in sede di giudizio di primo grado, ha provato che aveva acquisito comunque nuova clientela, che anche dopo le sue dimissioni, motivate da inadempimento della controparte, era rimasta presso l’azienda.

Il lavoro svolto dai giudici di legittimità è ruotato tutto intorno al concetto di “minimo contrattuale garantito”.

Secondo la Suprema Corte, l’intenzione che traspare dall’espressione è quella di attribuire un trattamento economico al lavoratore in ogni caso. Infatti la stessa clausola prevede chiaramente le conseguenze che, in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo, consistono nella possibilità di ridurre percentualmente il compenso per il periodo successivo, parametrandolo sul conseguimento dell’obiettivo effettivamente ottenuto, e non nel corrispondere alcun compenso.

Se si fosse voluto attribuire un pagamento condizionato al raggiungimento dell’obiettivo, continua la Corte di Cassazione, non avrebbe avuto alcun senso utilizzare l’espressione “compenso minimo garantito” perché non vi sarebbe stata alcuna garanzia.

In sostanza non si tratta di un’anticipazione di future provvigioni, ma, appunto, di un compenso garantito, con indicazione chiara e precisa delle conseguenze previste per il mancato raggiungimento dell’obiettivo che non consistono nel dovere da parte del lavoratore di restituire quanto già corrisposto dall’azienda, essendo appunto garantito come minimo, ma nella possibilità di parametrare il compenso per il periodo successivo (sul quale sussiste una discrezionalità della società).