L’Agenzia delle entrate, con la Risposta all’interpello n. 195 del 30 luglio 2025, ha precisato che, se con accordo sindacale viene riconosciuta al lavoratore la facoltà di convertire indennità obsolete previste dal CCNL con prestazioni di welfare aziendale, non può trovare applicazione l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente di cui all’art. 51, cc. 2 e 3 del TUIR, dato che non è consentito sostituire voci imponibili della retribuzione.

Nel caso sottoposto alla consultazione dell’Agenzia delle entrate, una società, dando esecuzione ad una disposizione del CCNL, ha sottoscritto un accordo sindacale nel quale era prevista la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2025, di alcune indennità ormai obsolete e la possibilità di conferire a welfare aziendale gli importi corrispondenti da parte dei lavoratori interessati.

 Secondo la società la conversione delle indennità obsolete con beni e servizi welfare poteva fruire del regime di esenzione previsto dall’art. 51, cc. 2 e 3 del TUIR.

Di diverso parere la posizione dell’Agenzia delle entrate, la quale ha richiamato le indicazioni fornite con la Risoluzione n. 55/E del 2020, secondo cui qualora i benefit rispondano a finalità retributive, il regime di totale o parziale esenzione non può trovare applicazione. Inoltre, non appare in linea con le disposizioni contenute nei commi 2 e 3 del citato articolo 51 del Tuir un piano di welfare che preveda una erogazione in sostituzione di somme costituenti retribuzione fissa o variabile dei lavoratori.

Secondo la medesima Risoluzione, le disposizioni predette del TUIR, derogatorie del principio di onnicomprensività, avendo carattere agevolativo, non sono estensibili a fattispecie diverse da quelle previste normativamente, tra le quali non è compresa l'ipotesi di applicazione in sostituzione di retribuzioni, altrimenti imponibili, in base ad una scelta dei soggetti interessati.

Non appare coerente, infatti, con la ratio sottesa alle disposizioni in materia di redditi di lavoro dipendente, consentire la riduzione dei redditi imponibili, fino al completo abbattimento degli stessi, in ragione della tipologia di retribuzione (in denaro o in natura) scelta dai soggetti interessati.

L’unica possibilità di sostituire somme di denaro con welfare aziendale è quella prevista dalla Legge di Stabilità 2016 che riconosce al lavoratore la facoltà, se prevista dall’accordo sindacale, di convertire i premi di risultato in benefit.

Ciò è possibile, però, solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: le somme costituiscono premi o utili riconducibili al regime agevolato (art. 1, c. 182 L. 208/2015) e la contrattazione di secondo livello ha attribuito al dipendente la facoltà di convertire i premi o gli utili in benefit di cui all’art. 51, cc. 2 e 3 del TUIR.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle entrate, tali condizioni non ricorrono, pertanto le indennità soppresse non possono fruire del citato regime agevolativo.