E’ stata appena pubblicata sull’importante rivista ‘Environmental Research’ un’analisi epidemiologica effettuata da Inail che analizza la relazione tra inquinamento atmosferico e la relativa mortalità.  Lo studio utilizzando dati nazionali, è riuscito ad incrociare stime di esposizione della popolazione al fine di ottenere stime numericamente rilevanti inerenti le cause di morte per inquinamento atmosferico.

Cosa tratta

La notizia che l’esposizione ad inquinanti atmosferici possa provocare effetti sulla salute, anche con impatti su mortalità e/o morbosità non è sicuramente nuova.

OMS (Organizzazione mondiale Sanità) ha stimato che l’effetto combinato dei vari inquinanti dell’ aria (inquinanti ambientali, inquinanti dell’ aria, inquinanti indoor e quelli dell’ ambiente di lavoro), possa provocare circa 7 milioni di morti premature all’ anno, nel mondo.

Su questa linea e più recentemente sempre OMS ha rivisto tutti i valori guida relativi alla concentrazione degli inquinanti atmosferici per la salvaguardia della popolazione, ribassandoli in maniera decisa.

Seppure esistono numerosi studi, anche in Italia, in cui viene stimato l’effetto dell’inquinamento atmosferico sulla salute della popolazione, in particolare delle aree metropolitane più grandi, mancava un quadro di riferimento a livello nazionale, comprensivo dei comuni più piccoli che difficilmente possono effettuare indagini ambientali specifiche.

Lo studio INAIL.

La ricerca scientifica è stata effettuata all’ interno del progetto Inail denominato Uso di BIG data per la valutazione degli Effetti sanitari acuti e cronici dell’inquinamento atmosferico nella Popolazione Italiana (BIGEPI) ed è stata pubblicata in questi giorni sulla rivista scientifica Environmental Research.

Si tratta di un importante studio che ha analizzato i decessi giornalieri avvenuti nel triennio 2013-2015 sulla totalità dei comuni italiani, per una serie di cause diverse. E’ stato quindi studiato il rapporto tra mortalità e l‘esposizione giornaliera a  inquinanti atmosferici noti e presenti nei comuni italiani utilizzando metodi statistici. La ricerca era tesa a rilevare associazioni tra rischio di mortalità e cause ben conosciute come ad esempio le polveri sottili e/o gli ossidi di azoto.

Le analisi, hanno permesso di individuare associazioni tra la mortalità quotidiana per presunte cause naturali (cardiovascolari, respiratorie, nervose) con l’esposizione giornaliera a polveri sottili. Analogamente sono merse relazioni tra le morti in particolare per cause respiratorie e metaboliche ed esposizione a biossidi di azoto.

Contrariamente a quello che si è sempre pensato, lo studio evidenzia come il livello di urbanizzazione non abbia un’importanza determinante. Le associazioni morte/inquinamento sono evidenziabili anche in aree non urbanizzate, suburbane e addirittura rurali. I dati confermano che l’inquinamento atmosferico non ha soglie di sicurezza per l’esposizione e che produce effetti anche a basse concentrazioni. Altra evidenza emersa dallo studio è la relazione tra la mortalità per cause naturali/cardiovascolari e la popolazione più anziana.

Uno sguardo ai dati.

Lo studio a carattere nazionale, non ha riguardato i dati ottenibili dalle stazioni di monitoraggio, proprio perché non sono presenti nei comuni più piccoli. Si è preferito utilizzare modelli di intelligenza artificiali avanzati, che basandosi su big data derivanti da dati di esposizione e dati di mortalità.

Dati di esposizione agli inquinanti :

·       dati satellitari

·       simulazioni matematiche,

·       dati territoriali,

·       meteorologici

·       reti di monitoraggio ambientale in grado di fornire stime molto attendibili di concentrazione con una precisione di 1 km su tutto il territorio nazionale su base giornaliera

Questa grande massa di dati è stata poi associata con conteggi quotidiani di decessi per cause specifiche sull’ intero territorio italiano.

Dati di mortalità (Archivi ISTAT) circa 1,8 milioni di casi di morte naturale.:

·       680.000 per cause cardiovascolari,

·       477.000 cardiache

·       131.000 respiratorie.

I dati assegnano oltre alla causa di morte, la data dell’evento, il comune di residenza e l’età al decesso.

Rischi individuati

Ogni aumento di 10 mg/m3 di PM10 e PM2.5 (polveri sottili) produce rispettivamente:

·       un aumento di rischio di 1,26% e 2,08% di mortalità per cause naturali,

·       di 1,18% e 2,32% per cause cardiovascolari,

·       di 1,40% e 2,91% per cause cardiache,

·       di 3,54% e 4,55% per cause respiratorie,

·       di 4,55% e 9,64% per cause nervose per il PM10 e il PM2.5.

Ogni incremento di 10 mg/m3 di biossido di azoto produce un aumento del rischio:

·       di 6,68% per cause respiratorie

·       di 7,30% per cause metaboliche.

Tali rischi includono anche il contributo occupazionale soprattutto per le malattie respiratorie. INAIL ha infine dimostrato che i lavoratori esposti a rischi respiratori, hanno un incremento rispetto ai soggetti non esposti.

Quando scade

La ricerca non ha scadenze operative.

Indicazioni operative.

Lo studio evidenzia che un aumento dell’ inquinamento atmosferico aumenta il numero di decessi per cause fino ad oggi considerate naturali. La novità è che non è relativa solo alle grandi aree urbane ed alle zone più inquinate. I big data permettono di trovare relazioni tra numeri da sempre disponibili e mai messi in relazione.