La Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con sentenza del 22 gennaio 2009 n. 1632, torna ad occuparsi dei criteri di valutazione dello scarso rendimento come forma di inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore.
La predetta Corte, richiamando altre pronunce (Cass. n. 3876/2006), ha ritenuto "legittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso rendimento qualora sia risultato provato, sulla scorta della valutazione complessiva dell'attività resa dal lavoratore stesso ed in base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed a lui imputabile - in conseguenza dell'enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di produzione".
In sostanza, seguendo l'iter logico dei giudici estensori, si deve ritenere corretto assumere quale parametro della diligente collaborazione del dipendente, gli obiettivi fissati dal datore di lavoro, attribuendo valore decisivo - ai fini dell'imputabilità dell'inadempimento - alla rilevante sproporzione tra gli obiettivi suddetti, la produttività superiore degli altri colleghi e quanto dal lavoratore effettivamente realizzato.
Relativamente alla prova, la Corte ha confermato il suo orientamento in base al quale la negligenza può essere dimostrata anche solo attraverso presunzioni (Cass. 8759/1987, Cass. 6747/2003), affermando, inoltre, che essa costituisce una valutazione di fatto che spetta al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.