L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 117 del 15 marzo 2022, ha fornito chiarimenti ad un contribuente in merito alle modalità con cui procedere alla restituzione al datore di lavoro dei contributi previdenziali per recupero da eccedenza massimale, con riferimento alla quota a carico del contribuente stesso, e alla eventuale deducibilità degli stessi.

Nel caso esaminato, l’errata applicazione del massimale contributivo da parte del datore era derivata dalla dichiarazione resa dal lavoratore che non aveva correttamente comunicato di avere anzianità pregressa al 1996 per effetto di contributi figurativi (servizio di leva) accreditati in annualità precedenti. Conseguentemente, il lavoratore stesso era tenuto a riversare all’ex datore i contributi a suo carico, da quest’ultimo anticipati. Chiedeva pertanto chiarimenti sulle modalità operative relative alla restituzione della propria quota e alla eventuale deducibilità.

L’Agenzia ha sottolineato che la quota da restituire deve essere considerata quale integrazione di contributi obbligatori per legge, a suo tempo non versati, deducibile ex art. 10, c. 1, lett. e), del TUIR. In applicazione del criterio di cassa, ai fini della deducibilità, occorre fare riferimento al periodo d’imposta in cui il lavoratore rimborsa tali oneri all’ex datore e non all’annualità in cui l’ex datore è chiamato a versare (ed ha versato) la maggior quota contributiva a carico del dipendente regolarizzando le omissioni contributive obbligatorie. I contributi restituiti devono essere indicati nel rigo della dichiarazione dei redditi dedicato ai “Contributi previdenziali e assistenziali” relativa al periodo d’imposta in cui tali contributi sono restituiti all’ex datore (Rigo E21). Il lavoratore può documentare il sostenimento dell’onere mediante CU rilasciata dall’ex datore che attesti le somme oggetto di deduzione con l’inserimento di un’annotazione a contenuto libero (con il codice ZZ).