In una nota dell’8 luglio 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) fornisce alcune indicazioni per guidare nell’applicazione di provvedimenti di interdizione dal lavoro delle lavoratrici madri, nel periodo antecedente al parto e nei messi successivi.

Cosa tratta

“La gravidanza non è una malattia ma un aspetto della vita quotidiana”: così recita la Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee del 05/10/2000, citata dalla nota dell’INL, ribadendo il concetto che per le lavoratrici che si trovano in questo momento delicato, così come nei mesi che seguono la gravidanza, deve essere eseguita una valutazione che in primis tuteli il lavoro.

Il principale riferimento normativo è il noto D.Lgs. 151/2001 sulla tutela delle lavoratrici madri, che prevede appunto l’interdizione anticipata al lavoro per coloro che sono impiegate in mansioni che prevedono lavori espressamente vietati dal decreto o ritenuti pregiudizievoli per la salute e sicurezza dalla valutazione dei rischi. La misura è pensata per astenere la lavoratrice in gravidanza da mansioni a rischio, prima che scatti il periodo del congedo di maternità previsto fino a 3 mesi dopo il parto oppure, per particolari condizioni lavorative, fino a 7 mesi dopo il parto.

Come indicato dal decreto e come sottolineato dalla nota dell’INL, la misura dell’interdizione scatta soltanto se non è possibile adibire la lavoratrice ad una mansione alternativa che non preveda attività vietate o pregiudizievoli.

Nel documento vengono chiarite diverse fasi relative al provvedimento:

  1. come si presenta l’istanza;
  2. come avvengono la fase istruttoria e la fase valutativa;
  3. l’esame della valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro;
  4. la fase procedurale;
  5. l’analisi di alcuni casi specifici;
  6. lo spostamento ad altra mansione.

Istruzioni operative

Il datore di lavoro deve prevedere una serie di attività, alcune delle quali devono essere effettuate ben prima che si presentino casi di gravidanze e altre da attuare al momento della comunicazione dello stato di gravidanza da parte della lavoratrice.

In via preliminare, il datore di lavoro dovrà:

  • effettuare la valutazione dei rischi specifica per le lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento;
  • nel caso in cui l’attività dell’organizzazione preveda attività pregiudizievoli per le lavoratrici madri, identificare anticipatamente mansioni alternative sicure;
  • informare tutte le lavoratrici di quanto emerso dalla valutazione e delle misure di tutela previste dal D.Lgs. 151/2001.

Noto lo stato di gravidanza di una lavoratrice, se la sua mansione comporta rischi pregiudizievoli sarà necessario attuare una o più delle seguenti misure:

  1. modifica temporanea delle condizioni o degli orari di lavoro;
  2. destinare la lavoratrice ad una mansione alternativa o spostarla in un luogo di lavoro, non pregiudizievoli del suo stato;
  3. nel caso non siano possibili le ipotesi 1) e 2), il datore di lavoro dovrà tempestivamente avanzare istanza di astensione ante partum/post partum, all’ITL competente per territorio, al fine di ottenere il conseguente provvedimento autorizzativo.

All’interno dell’opera di valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve verificare se:

  • siano presenti mansioni e rischi a cui la normativa proibisce di esporre le lavoratrici in stato di gravidanza e dopo il parto (allegati A e B del D.Lgs. 151/2001);
  • siano presenti mansioni e agenti di rischio pregiudizievoli per la salute e la sicurezza delle lavoratrici (allegato C del D.Lgs. 151/2001).

Per quanto riguarda lo spostamento ad altra mansione, la nota cita l’interpello prot. n. 6584 del 28/11/2006 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che indica che questa azione ha senso se la nuova mansione non risulta poco utile per l’organizzazione e gravosa per la lavoratrice: in concreto, non può essere selezionata una qualsiasi mansione, ma si deve evitare che la lavoratrice affronti il disagio di recarsi sul posto di lavoro per non fare nulla.

La procedura di interdizione

Qualora non sia possibile adibire la lavoratrice in stato di gravidanza a mansioni alternative, il datore di lavoro o la lavoratrice stessa possono presentare richiesta di interdizione, utilizzando la modulistica disponibile nell’apposita sezione del portale INL, accompagnata da:

  • copia del documento di identità del richiedente;
  • certificato medico di gravidanza con indicazione della data presunta del parto (in caso di interdizione anticipata) o dell’autocertificazione/certificazione di nascita (in caso di interdizione posticipata);
  • l’indicazione della mansione svolta dalla lavoratrice;
  • se la domanda è presentata dal datore di lavoro, dovrà contenere anche la precisazione dell’impossibilità di adibire la lavoratrice ad altre mansioni e l’indicazione dei lavori faticosi, pericolosi ed insalubri a cui è esposta la lavoratrice.

La nota dell’INL precisa che il provvedimento di interdizione è da emanarsi entro sette giorni dalla ricezione della documentazione completa. L’astensione dal lavoro della lavoratrice dovrà quindi iniziare dalla data di adozione del provvedimento e non della presentazione dell’istanza.

Nel caso in cui venga richiesta documentazione integrativa alla domanda, per tutelare la lavoratrice l’INL può procedere con accertamenti in loco per verificare la sussistenza dei requisiti utili alla emanazione del provvedimento interdittivo.

In allegato il testo integrale della nota dell’INL.

Per maggiori informazioni sulla gestione dei rischi a cui sono esposte lavoratrici madri, leggi il nostro approfondimento “Gravidanza e lavoro: rischi e diritti”.