Parlare di rischio non basta: senza una leadership forte e responsabile, le valutazioni restano inefficaci. Vigilanza, responsabilità, proattività, empowerment e coraggio etico sono i pilastri per trasformare la sicurezza da obbligo normativo a valore condiviso.

Cosa tratta :

Stiamo parlando troppo di rischio, la giurisprudenza inizia ad evidenziare troppa carta e poca azione concreta. È una domanda che dovremmo porci ogni volta che affrontiamo il tema della sicurezza sul lavoro. Negli ultimi anni, il dibattito si è concentrato in modo quasi ossessivo sulla valutazione del rischio, tutti i rischi ecc, ma senza una leadership forte e coerente, anche le migliori analisi restano lettera morta. Le ultime sentenze, infatti, ricordano che tanti documenti non applicati e non applicabili non fanno sicurezza.Il rischio non è solo un numeroLa valutazione del rischio è una disciplina complessa, che richiede apprendimento continuo, adattamento e capacità di tradurre i dati in azioni concrete. Parlare di rischio senza agire nel concreto significa restare fermi mentre il contesto evolve: tecnologie, processi e pressioni operative cambiano rapidamente, e con essi cambiano anche i pericoli.

Il vero nodo è questo: stiamo confondendo la gestione del rischio con la sua semplice analisi?

Stiamo producendo documenti fini a se stessi, ma privi di concretezza e non applicati ?

Alcune recenti sentenze, lo stanno affermando in modo chiaro.  Se la risposta è sì, stiamo trascurando il ruolo cruciale della leadership, che non è un accessorio, ma il motore che trasforma le valutazioni in comportamenti sicuri e sostenibili.

Leadership: il fattore dimenticato

Per ridurre incidenti gravi e mortali, non basta rispettare le norme o scrivere documenti e interi sistemi. Serve una leadership capace di guidare le persone, creare cultura e anticipare i problemi.

Ecco i pilastri su cui costruirla:

Vigilanza continua: Il rischio è dinamico. I leader devono restare aggiornati, non solo con check-list e audit, ma intercettando segnali deboli e tendenze emergenti. Una cultura di apprendimento continuo è la prima barriera contro gli incidenti.

Responsabilità reale: Le procedure non devono restare sulla carta. Devono essere in primis conosciute e poi applicate, verificate e migliorate con il contributo di chi lavora sul campo. Coinvolgere i lavoratori è essenziale per trasformare le regole in prassi quotidiane.

Proattività oltre la conformità : Limitarsi a rispettare la legge non basta. La compliance che va tanto di moda rimane fine a se stessa se le aziende non puntano ad obiettivi e standard più elevati, anticipando i rischi e investendo in soluzioni innovative.

Empowerment dei team: Si parte sempre dalla formazione, ormai è palese. Una forza lavoro ben formata ed addestrata, che si sente ascoltata e responsabilizzata segnala i rischi prima che diventino emergenze. La sicurezza è un gioco di squadra, non un compito delegato.

Analisi dei precursori: Quante volte abbiamo parlato e ragionato di near miss ? Ogni incidente è preceduto da segnali. Riconoscerli e interpretarli è la chiave per prevenire eventi gravi. Collaborare con esperti interni ed esterni può offrire nuove prospettive, ma la parola chiave rimane “collaborare” (e non la parola “esperti”).

Etica e coraggio decisionale: La sicurezza non può e non deve essere sacrificata per motivi economici. Ogni volta che si è deciso di passarla in secondo ordine, si è pagato molto caro, sia in termini di incidenti, che di spese straordinarie per ritornare nella legalità. Le scelte devono mettere al primo posto la vita e il benessere delle persone, sempre. La manutenzione dell’ intero sistema è sicurezza, non costo.

Rischio e leadership: due facce della stessa medaglia

Troppo spesso trattiamo rischio e leadership come variabili indipendenti. In realtà, sono interdipendenti: senza leadership, la gestione del rischio è sterile; senza analisi, la leadership è cieca. Solo integrandole possiamo costruire organizzazioni resilienti, capaci di prevenire e non solo reagire.

Oggi più che mai, i leader non possono limitarsi a “gestire” il rischio: devono incarnare la sicurezza come valore, non come obbligo. Parlare di procedure è facile, ma trasformarle in comportamenti quotidiani richiede visione, ascolto e coraggio. La vera leadership in materia di salute e sicurezza non si misura nei report, ma nella capacità di anticipare i problemi, di mettere le persone al centro e di fare scelte difficili quando il bilancio sembra imporre scorciatoie.Chi guida oggi ha una responsabilità che va oltre la conformità: creare organizzazioni resilienti, dove la vita umana non è mai negoziabile.

Perché il futuro della sicurezza non dipende da quante volte pronunciamo la parola “rischio”, ma da quante volte scegliamo di agire per eliminarlo.

COSA DICE LA LEGGE

  • Il D.Lgs. 81/08 stabilisce che il datore di lavoro è responsabile della valutazione dei rischi e dell’adozione delle misure di prevenzione e protezione.
  • La normativa impone la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nella gestione della sicurezza.
  • È obbligatorio aggiornare periodicamente il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e formare i lavoratori in base ai rischi specifici.
  • Le sanzioni per inadempienza possono includere multe e responsabilità penali per i dirigenti.

 

INDICAZIONI OPERATIVE

  1. Aggiornare costantemente il DVR: includere nuove tecnologie, processi e rischi emergenti.
  2. Creare canali di segnalazione rapidi: favorire la comunicazione anonima di pericoli e near miss.
  3. Verificare l’efficacia delle procedure: audit interni frequenti e simulazioni pratiche.
  4. Formare i preposti come leader di linea: non solo sulla normativa, ma sulla gestione proattiva della sicurezza.
  5. Analizzare i precursori: monitorare indicatori di rischio e near miss per prevenire eventi gravi.
  6. Integrare la sicurezza nei KPI aziendali: legare obiettivi di sicurezza a valutazioni e premi.
  7. Promuovere la cultura del feedback: incoraggiare i lavoratori a proporre miglioramenti senza timore di ritorsioni.