La Corte di cassazione, con l’Ordinanza n. 23185 del 12 agosto 2025, ha deciso che il lavoratore che richiede i tre giorni di permesso mensili retribuiti ex Lege 104/1992 per assistere un familiare con disabilità può legittimamente assentarsi nelle ore diurne, trascorrendo anche alcune ore al mare.

Il fatto

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, un lavoratore si è rivolto al Tribunale del lavoro affinché venisse dichiarato illegittimo il licenziamento che gli era stato intimato e venisse condannato il datore di lavoro alla reintegrazione con l’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento alla data della reintegra, fino a 12 mensilità.

Il lavoratore era stato licenziato perché non aveva assistito la madre invalida per la quale aveva chiesto i permessi ex lege 104/1992 e, tra l’altro, era stato fotografato al mare con il figlio in due giorni su tre di assenza di permesso nel mese di agosto, a seguito di un’attività di pedinamento investigativo richiesto dall’azienda.

I primi due gradi di giudizio

Il Tribunale del lavoro ha ritenuto legittimo il licenziamento considerando il comportamento del lavoratore in contrasto con la finalità della norma. Di diverso avviso, invece, la Corte d’appello che ha annullato il recesso ritenendo che il datore di lavoro non avesse provato che il lavoratore non si fosse recato dalla madre per l’assistenza dopo le ore 19.00 e nelle ore notturne.

Inoltre, i giudici di secondo grado hanno riscontrato varie lacune dell’attività di sorveglianza.

Il ricorso in Cassazione

L’azienda è rivolta ai giudici di legittimità, i quali hanno prima di tutto ribadito che l’onere della prova circa l’uso improprio o fraudolento da parte del lavoratore dei permessi cui ha diritto, quale fatto posto a fondamento del licenziamento per giusta causa o della sanzione disciplinare, è a carico del datore di lavoro.

Nel caso in esame, dall’istruttoria effettuata dalla Corte d’appello, è addirittura risultato che il lavoratore ha dimostrato l’effettiva assistenza prestata al proprio familiare, in particolare nelle ore notturne nelle quali era necessaria detta assistenza per le particolari ragioni mediche indicate dai testimoni.

La Suprema Corte ha inoltre evidenziato che il legislatore non richiede che l’assistenza debba essere prestata necessariamente in corrispondenza dell’orario di lavoro che il lavoratore avrebbe dovuto svolgere.

La fruizione dei permessi è, infatti, un diritto del lavoratore che non ha siffatta limitazione temporale nella legge.