La Corte di Cassazione, con la sentenza 8/02/2011 n. 3043, ha deciso che il datore di lavoro non può legittimamente intimare il licenziamento dopo aver fatto trascorrere un lungo periodo di tempo dalla contestazione della violazione commessa dal lavoratore.
Infatti vige in diritto il principio della contestazione degli addebiti, che costituisce una delle condizioni essenziali del procedimento disciplinare regolato dall’art. 7 St. Lav. che mira non solo a salvaguardare il diritto di difesa del dipendente, ma anche ad evitare l’incertezza sulla sorte del rapporto di lavoro.
Secondo i giudici di legittimità il principio dell’immediatezza se da un lato tutela il diritto del lavoratore ad esercitare pienamente il contradditorio dall’altro lato evita che le valutazioni del datore di lavoro sulla portata della condotta illecita possano essere protratte oltre il tempo minimo strettamente necessario.
La Suprema Corte ha quindi ritenuto inaccettabili le motivazioni addotte dall’azienda ricorrente secondo cui l’aver preso tardivamente la decisione di licenziare il lavoratore non aveva leso il suo diritto di difesa. Infatti quest’ultimo è solo uno degli obiettivi cui è diretto il principio dell’immediatezza.
In conclusione la tardività della contestazione costituisce lesione delle garanzie procedimentali disciplinate dalla L. 300/1970 e motivo di illegittimità del licenziamento disciplinare anche quando non è derivato un effettivo pregiudizio per l’esercizio delle giustificazioni da parte del lavoratore, dato che il ritardo realizza in ogni caso una ingiustificata dilatazione del tempo che il lavoratore dovrà attendere prima di conoscere gli esiti delle determinazioni datoriali.